Procol Harum 1967

Il 12 maggio del 1967, la band inglese Procol Harum pubblica il suo primo 45 giri, “A Whiter Shade of Pale”. Un brano che entrerà subito nella leggenda, lasciando un segno musicale indelebile sia su quella che venne definita al tempo beat generation che sulle generazioni successive.

Un brano simbolo del periodo, in un anno quel 1967, che fu un vero ribollimento per la musica rock, di lì a 20 giorni uscirà infatti il monumentale Sgt. Pepper dei Beatles, ma anche di fermento nel mondo sociale, soprattutto giovanile, che portò anche a un mutamento dei costumi. 

L’atmosfera e le note suonate con l’organo Hammond abbinato al Leslie trasmettono un brivido sempre particolare. Una canzone che generazioni hanno ballato come lento per eccellenza, e molti gruppi e artisti vari si sono cementati nella sua cover. In Italia Mogol e i Dik Dik la trasformarono in “Senza Luce”, straordinarie rimangono le reinterpretazioni di Joe Cocker e Annie Lennox.

La canzone dei Procol Harum (nome che deriva da una storpiatura del latino, “procul” a significare qualcosa come “lontano da queste cose”), venne composta da due ragazzi poco più che ventenni. Gary Brooker pianista e compositore ha infatti 22 anni e Keith Reid autore del testo, solo 21.

Brooker canta, compone le musiche, alternandosi talvolta con l’organista Matthew Fisher, che nel 2006 sarà riconosciuto come co-autore di “A Whiter Shade of Pale”, e al chitarrista Robin Trower, mentre Reid pensa alle parole.

L’idea  della canzone, nasce da un’intuizione proprio di Brooker che sente le profonde e radicali mutazioni musicali che stanno arrivando nel periodo da Beatles, Rolling Stones, Beach Boys, Kinks e Who.

I Procol Harum, danno vita con altri gruppi del tempo a quello che è noto come rock sinfonico. Genere nato dalla contaminazione della musica beat del tempo con la musica classica. La melodia di “A Whiter Shade of Pale”, ha, infatti, tre riferimenti principali, di cui due che riportano proprio alla musica classica. Il primo è a “l’Aria sulla quarta corda” di Johann Sebastian Bach, cui era ispirata l’intro di Hammond M 102 di Metthew Fisher. La seconda è la cantata BWW 140 “Wachet auf, ruft uns die Stimme”, sempre di Bach. La terza invece è un riferimento alla la hit di un anno prima, 1966 di Percy Sledge con “When a man loves a woman”, che influenza molto il riff.

Il titolo del brano in italiano si potrebbe tradurre con “Una tonalità più bianca del pallido”, si riferirebbe a una frase ascoltata durante una festa, dove un ragazzo rivolgendosi a una coetanea, disse: “You’ve turned a whiter shade of pale”.

Il testo e l’atmosfera sognante, quasi onirica del brano nascono da diverse influenze tra cui i quadri e le opere di due maestri del surrealismo come Renè Magritte e Salvador Dalì.

Reid nel creare il brano e l’atmosfera intendeva raccontare la storia di una ragazza che lasciava il suo boy-friend e gli stati d’animo che ne derivano per entrambi: “She said, ‘There is no reason / And the truth is plain to see’”.

Per trovare le frasi e le parole giuste, si rifà anche a brani della letteratura classica inglese. La parte in cui si narra del mugnaio “As the miller told his tale” sembra essere probabilmente ispirata a “Il prologo e il racconto del mugnaio” (“The Miller’s Prologue and Tale”), la seconda storia degli incompiuti “Racconti di Canterbury” di Geoffrey Chaucer (1343-1400), in cui un mugnaio ubriaco racconta la storia del tradimento di un falegname da parte della giovane moglie.

In Italia per anni il brano ebbe decisamente più successo nella versione in lingua, rivisitata da Mogol per i Dik Dik, che in quella originale dei Procol Harum.

Il gruppo divenne noto anche da noi pochi anni dopo con “A Salty Dog”, un brano con arrangiamenti per archi e un interludio ispirato a Fryderyk Chopin, che inizia con il rumore del mare e i versi dei gabbiani.

La canzone fu la sigla finale di un programma per ragazzi “Avventura”, che per quasi un decennio a partire dalla seconda metà degli anni ’60, ha trasmesso documentari sulla natura o sulle imprese di esplorazione in luoghi impervi o sconosciuti, alla ricerca di culture e popoli lontani e diversi.