Novant’anni fa, nasceva Gualtiero Marchesi. Qualcosa in più di un cuoco, come amava farsi chiamare, di altissimo livello. Personaggio arguto è stato uno spirito libero, che ha ricercato e sperimentato, rivoluzionando e modernizzando la tradizione culinaria, basandosi sempre sulla materia prima, ponendosi poi verso l’essenzialità e l’eleganza.

Ha aperto infatti la strada a quelli contemporanei, che sono delle vere e proprie star. Un riferimento non solo culturale e professionale per chi opera nella ristorazione e nell’accoglienza.

Chef tra i più famosi al mondo, orgoglioso, strenuo e d orgoglioso difensore del “Made in Italy” come cucina e non solo, era nato a Milano il 19 marzo 1930, figlio di ristoratori, di origine della bassa pavese; terra cui sarà sempre legato. I suoi genitori gestivano infatti il ristorante dell’albergo “Mercato” in via Bezzecca, nel capoluogo milanese. La sua formazione professionale inizia al prestigioso Kulm di Saint Moritz e poi alla scuola alberghiera di Lucerna in Svizzera.

Tornato al “Mercato”, propone una cucina d’avanguardia, rivisitando i piatti classici. Si perfeziona in alcuni dei migliori ristoranti francesi come il “Ledoyen” a Parigi, “Le Chapeau Rouge” a Digione e il ristorante dei fratelli Troisgros a Roanne. Tornato in Italia nel 1977, inaugura a Milano il suo ristorante di via Bonvesin de la Riva “Il Marchesino”. E’ stato il primo in Italia a ottenere le tre stelle Michelin nell’ormai lontano 1985. Aveva ricevuto numerose e importanti riconoscimenti e onorificenze. Nel 1990 venne insignito dal Ministro della Cultura e della Comunicazione Francese Jack Lang, dell’onorificenza di “Chevalier dans l’ordre des Arts et des Lettres”. Un anno dopo il presidente Cossiga lo nominò commendatore.

Nel 2008 fece scalpore la clamorosa “restituzione”, primo al mondo, delle stelle che ne causò l’uscita della Guida Michelin. Tra i suoi piatti più citati e imitati il “riso e oro” del 1981, rivisitazione del classico risotto alla milanese (con lo zafferano) con un tocco di classe, una foglia d’oro. Un piatto bellissimo oltre che buonissimo, da gustare con gli occhi prima del palato. Altri suoi piatti storici, il raviolo aperto, la rivisitazione della cotoletta alla milanese e la pera al vino rosso.

Aveva una dedizione totale per la cucina, in tutti i suoi segmenti, dalla ricerca delle materie prime, alla loro lavorazione fino all’imbandigione, ovvero la capacità di curare la messa in scena della materia. Concetti e stile che l’hanno portato a cambiare radicalmente nel tempo la tradizione culinaria del nostro Paese e non solo.

Negli anni Novanta, si sposta su altri modelli di ristorazione: apre un bistrot, un brunch e un caffè sul tetto del Duomo al settimo piano della Rinascente di Milano. A Londra, un Ristorante Gualtiero Marchesi all’interno dell’Hotel Halkin. Nel 1993, decide di lasciare Milano e spostarsi in Franciacorta, creando il “Relais & Chateaux L’Albereta”. Nel 2000 Marchesi viene eletto Presidente dell’Euro-Toques International, associazione che raccoglie circa 3.000 Chef di altissimo livello in Europa.

E’ invece del 2004, l’apertura della scuola di formazione gastronomica più importante d’Italia, l’Alma di Colorno (Parma), per insegnare il mestiere ai giovani. Nel 2008, riavvicina alla sua città natale: creando il ristorante “Teatro alla Scala Il Marchesino”.

Nel gennaio 2009, riceve a Madrid il Grembiule d’oro insieme ad altri dieci cuochi internazionali che hanno influenzato la cucina dell’ultimo decennio.

Tra i tanti suoi allievi si annoverano Carlo Cracco, Ernst Knam, Karsten Heidsick, Andrea Berton, Pietro Leemann, Paolo Lopriore, Vittorio Beltramelli e Davide Oldani.

Forte per Marchesi è stato sempre il legame con San Zenone Po, dove era nato il padre; tra l’altro stesso luogo di nascita di un altro grande come Gianni Brera. Un legame che si è sempre portato dietro, ricordando spesso e volentieri nei suoi piatti i sapori della sua terra. I sapori come la scodella di minestrone, mangiato sull’uscio di casa di famiglia a San Zenone Po, come ricordava in diverse interviste.

Radici forti e mai tagliate, con un forte richiamo, che lo portavano spesso e volentieri a tornate sulle anse del Po e tra i vigneti dell’Oltrepo pavese. Nel 2015 firmò per la Coldiretti Pavia, la guida “Agriturismo e vendita diretta in provincia di Pavia”, con un’introduzione in cui si raccomandava ancora una volta la validità del territorio e come fosse importante accorciare la filiera. “Meno passaggi ci sono dal campo alla tavola meglio è per i consumatori e i produttori”.

A San Zenone Po, si trova anche la cappella di famiglia, dove il maestro degli Chef, riposa con l’amata moglie Antonietta Cassisa, dopo la sua scomparso il 26 dicembre 2017, a ottantasette ani, poco distante da un altro indimenticabile personaggio che dell’amore per la buona tavola e del suo territorio aveva portato ovunque, Gianni Brera.

Brera e Marchesi, una coppia che ha esaltato gusti e profumi dell’arte culinaria del pavese.