Il 29 marzo compie ottantun’anni Mario Girotti, conosciuto come Terence Hill, simbolo del western  all’italiana e non solo… Alle ultime generazioni noto per Don Matteo.

Una simbiosi tale tra Terence Hill, Trinità e Don Matteo, che l’identità del popolare attore si è fusa completamente tra lo pseudonimo, e i vari personaggi interpretati. Una carriera internazionale tra Hollywood, Italia e Germania, conosciuto in ogni angolo del pianeta, soprattutto per i film in coppia con Bud Spencer; in quella che è stata per certi versi, una rivisitazione in chiave moderna del binomio Stanlio e Ollio.

Fisicamente, nei modi e negli atteggiamenti ricorda un’altra icona del cinema Steve McQueen; anche per via degli occhi blu profondi, indagatori, furbi, che in un attimo, capiscono la situazione e intuiscono tutto delle persone che si hanno di fronte. E con “King of cool” non ha solo questo in comune, ma anche una curiosità cinematografica. Entrambi furono presi in considerazione per interpretare Rambo, ma McQueen, inizialmente molto interessato, declinò poi considerandosi fuori età per il ruolo, Terence Hill, perchè considerava ruolo e film “troppo violenti”. Ma non è questo l’unico legame con Hollywood, tra i grandi del cinema ha lavorato come co-protagonista con Henry Fonda nel “Il mio nome è nessuno” western all’italiana del 1973. Il successo della pellicola gli fa guadagnare una ricca opportunità con gli studios americani, dove lo vedevano come un’erede proprio di Fonda. Piovvero offerte ma al primo copione, dovendo interpretare il ruolo di un serial killer si rifiutò.

A discapito dello pseudonimo con cui è conosciutissimo in ogni angolo del mondo, come si evince dal nome ha radici italiane. Massimo Girotti è nato infatti a Venezia il 29 marzo 1939, dove il padre Girolamo, umbro originario di Amelia, lavorava come chimico. L’altra metà delle sue radici sono tedesche, la mamma era originaria di Dresda. A quattro anni con la famiglia (altri due fratelli), si trasferì in Germania, a Lommatzsch, dove risedevano nonni materni, e dove il padre trovò lavoro. Da qui vide i bombardamenti di Dresda, e ne rimase profondamente scioccato, portandosi dietro degli incubi fino ai 30 anni. Nel 1945 tutta la famiglia tornò ad Amelia, dove dimostrò da subito caratteristiche che poi saranno tipiche dei suoi personaggi, una buona dose d’intraprendenza, un’intelligenza vivace, la passione per la forma fisica e gli sport.

I suoi esordi nel mondo dello spettacolo avvennero quando giovanissimo, durante una gara di nuoto fu notato dal regista Dino Risi, che lo scritturò nel 1951 per il film Vacanze con il gangster. Molto coscienzioso, termina il liceo classico, lavorando nel cinema con lo scopo di pagarsi gli studi ma, dopo tre anni di Lettere classiche all’Università di Roma, decide di dedicarsi completamente al grande schermo. Trova piccole parti come adolescente/giovane di bell’aspetto, ma lavora con registi come Mauro Bolognini, Francesco Maselli e Gillo Pontecorvo. Incontra i primi successi già nel 1955 con Guaglione accanto a Claudio Villa e, nel 1957, con il “musicarello” di grande successo Lazzarella con Modugno, Luigi De Filippo e Riccardo Garrone. Nel 1958 è uno degli interpreti di uno sceneggiato televisivo molto apprezzato “Il ritratto di Dorian Gray”. L’anno dopo è protagonista con Claudia Mori in “Ceresella”, quindi recita con la coppia Aldo Fabrizi-Renato Rascel in “Un militare e mezzo”.

Nel 1963 Luchino Visconti, uno dei massimi registi italiani, lo volle nel film “Il Gattopardo”, nel ruolo del conte garibaldino Cavriaghi recitando accanto a Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, in quello che è considerato un capolavoro della cinematografia. Dopo questo primo esordio in una produzione così importante, avviò una carriera vera e propria, che si rivelò continuativa e senza soste. E come dichiarerà poi quella fu l’esperienza che lo fece decidere di intraprendere definitivamente la carriera di attore. L’esperienza con Luchino Visconti non sarà fondamentale solo per la scelta del futuro, ma gli darà un vero e proprio imprinting di lavoro. Si portò dietro per sempre la cultura maniacale per il lavoro, per la ricerca della perfezione anche dei dettagli sul set e non solo, dove nulla deve essere lasciato al caso. Un’impronta che si perfezionerà nei lavori con Sergio Leone, da cui imparò la scelta della migliore inquadratura, anche riprovandola all’esasperazione. E racconta che per la scelta di un suo personaggio in un film western girò per due giorni Los Angeles, alla ricerca di quello giusto.

Dal 1964 al 1967 tornò in Germania, dove interpretò film western, drammatici e di spionaggio. Il suo anno di svolta è il 1967, con il ritorno in Italia. Gira “Little Rita nel West” con Rita Pavone. Da lì viene prelevato mentre si girano le ultime riprese, perchè cercavano il personaggio del gatto, per un western diretto da Giuseppe Colizzi che si doveva intitolare “Il gatto, il cane e la volpe”. Il ruolo del gatto “Cat Stevens” originariamente era stato assegnato all’attore Peter Martell. Martell però si ruppe un piede e venne chiamato Mario Girotti. Il personaggio del cane era invece di Carlo Pedersoli. Per la produzione Girotti e Pedersoli, erano due nomi che avevano poco appeal commerciale, in un mondo western americano, così li costrinsero a cambiare nome, La produzione consegnò una lista di venti possibili nomi e gli chiese di sceglierne uno entro 24 ore. Scelse “Terence Hill” perché suonava bene e perché le iniziali erano le stesse del nome e cognome di sua madre (Hildegard Thieme). Nacquero così Terence Hill e Bud Spencer. Cambiò anche il titolo del film che diventò  “Dio perdona, io no!”. Fu l’inizio di un’epopea, di una coppia inscindibile ancora adesso nell’immaginario collettivo, e di un’amicizia profonda tra i due. Mentre girava “Dio perdona…io no”, sposò Lori Zwicklbauer, all’epoca una giovane attrice americana di origini tedesche.

Arrivarono poi i successi a raffica con i titoli del genere spaghetti western come “Lo chiamavano Trinità (1971), e il suo seguito “…Continuavano a chiamarlo Trinità”. Seguiranno “Più forte ragazzi”, “Altrimenti ci arrabbiamo”, “Porgi l’altra guancia” “I due superpiedi quasi piatti”, Pari e dispari, “Io sto con gli ippopotami”, fino al 1985. Una coppia di finti burberi, sempre in lotta con il male, i cattivi, a difesa dei deboli.

Inoltre Terence Hill nel 1976 si recò a Hollywood, dove apparve in “March or die” con Gene Hackmane in “Mister Miliardo” con Valerie Perrine.

Dopo un lungo periodo di depressione causata dalla perdita del figlio diciassettenne, adottato, scomparso in un incidente stradale, l’attore ebbe una nuova vita professionale, nei panni del sacerdote investigatore Don Matteo.

Un personaggio ormai entrato davvero nell’immaginario collettivo, un appuntamento televisivo di grandissimo successo nel quale Terence ha saputo dimostrare versatilità e ottime doti di attore, forse sfatando l’idea che il suo nome sarebbe rimasto per sempre legato al personaggio di Trinità.

Dopo aver vissuto negli Stati Uniti per 30 anni con la moglie, si è stabilito definitivamente in Umbria. Prima a Gubbio, per le riprese delle prime serie di Don Matteo. In seguito dello spostamento delle riprese di Don Matteo, si è trasferito a Spoleto. Qui con la storica moglie Lori, conduce da sempre una vita riservata e poco mondana.