Lʼattore svedese si è spento in Francia a novant’anni, dove viveva da tempo, con la seconda moglie, la produttrice Catherine Brelet.

Protagonista in carriera di oltre un centinaio di film, da quelli d’autore tra i più raffinati a quelli di cassetta per il grande pubblico, passando per il “Trono di spade”. Due volte candidato al premio Oscar per “Pelle alla conquista del mondo” nel 1989 e per “Molto forte, incredibilmente vicino” nel 2012.

Fisico dinoccolato, presenza scenica, modi eleganti, raffinati e sorriso spesso beffardo, è stato l’attore preferito del connazionale Ingmar Bergman, che l’ha immortalato nel ruolo del crociato nella partita a scacchi con la Morte, in “Il settimo sigillo”, nel 1957, uno dei capolavori della storia del cinema. A questo film d’autore ha poi accompagnato diversi successi di pubblico e critica come “I re giorni del Condor”, “L’esorcista”, “Fuga per la vittoria”, “Hannah e le sue sorelle”, “Fino alla fine del mondo”, “Risvegli”, per chiudere negli ultimi anni nella saga di Star Wars, in “Il risveglio della forza” del 2015, dove interpreta Lor San Tekka.

Nato a Lund in Svezia, il 10 aprile del 1929, da una famiglia benestante, proveniente della Pomerania, regione storica situata nel nord della Polonia e della Germania. Il padre, Carl Wilhelm, era un etnologo e professore all’Università di Lund. La madre Greta, baronessa Rappe, era a sua volta insegnante. Sin da piccolo frequentò una compagnia teatrale amatoriale. Passò poi a studiare al Royal Theater Dramatic di Stoccolma. Nel 1953 a Malmö, incontrò il suo mentore Ingmar Bergman, recitando in opere come Sagan e Faust, raccogliendo i primi consensi e premi.

Von Sydow debutta sul grande schermo nel 1957 con “Il settimo sigillo”, capolavoro di Ingmar Bergman, che da quel momento vede in lui il suo attore feticcio: con lui gira 14 film, tra cui “Il posto delle fragole”, “La fontana della vergine”, “Come in uno specchio” e “L’adultera”.

La grande popolarità internazionale arriva nel 1973 con il ruolo di padre Merrin ne’ “L’esorcista”, di William Friedkin. Segue poi nel 1965 “I tre giorni del condor” thriller spionistico – politico con Robert Redford, per la regia di Sydney Pollack. Quindi la produzione hollywodiana “Flash Gordon” cui fa seguire La morte in diretta per la regia di Bertrand Tavernier.

Rimane negli annali la sua interpretazione del Maggiore Karl Von Steiner in “Fuga per la vittoria” film corale del 1981 diretto da John Huston, spirato alla partita della morte tenutasi a Kiev il 9 agosto 1942 tra una mista di calciatori di Dynamo e Lokomotiv e una squadra composta da ufficiali dell’aviazione tedesca Luftwaffe. Un ruolo che per retaggio, gli calzò a pennello e con cui il grande pubblico lo identifica ancora.

Seguono “Conan il barbaro”, “Mai dire mai”, “Dune”, “Hannah e le sue sorelle” per regia di Woody Allen (1986), “Pelle alla conquista del mondo”, “Risvegli”, passando anche per registi e autori di culto, come Wim Wenders, in “Fino alla fine del mondo” e Lars Von Trier in “Europa” e Krzysztof Zanussi.

Negli anni seguire la carriera di Von Sydow non segna battute d’arresto, con pellicole di grande successo, come “Shutter Island” di Martin Scorsese, “Minority Report” di Spielberg, “Robin Hood” con Russel Crowe per la regia di Ridley Scott. Ottiene la seconda candidatura all’Oscar per “Molto forte, incredibilmente vicino” (dopo quella per “Pelle alla conquista del mondo”), come attore non protagonista nel 2012, lavorando al fianco di Tom Hanks.

Ultimamente a ottanta anni suonati, lavora in Star Wars: Il risveglio della Forza” del 2015, dove impersona l’anziano abitante di Jakku, che consegna la mappa per raggiungere Luke Skywalker. Tra i suoi ultimi ruoli c’è quello in una delle serie televisive più amate degli ultimi anni, “Il trono di spade”: Entrato nel cast nel 2016 con il ruolo del Corvo a tre occhi (Three-eyed Raven), ricevette una nomination al Primetime Emmy Award.

Max Von Sydow ha avuto anche un rapporto particolare con il cinema italiano. Molti registi lo hanno voluto come protagonista, da Alberto Lattuada in “Cuore di cane”, Francesco Rosi (Cadaveri eccellenti) e Valerio Zurlini (Il deserto dei Tartari), tutti girati nel 1976.

Quindi Dario Argento in “Non ho sonno” (2001) passando per Mauro Bolognini (“Gran Bollito”) e Pasquale Squitieri (“Il pentito”), “Mio caro dottor Gräsler”, per la regia di Roberto Faenza, “Una vita scellerata” di Giacomo Battiato.