122748623 2979440632285754 4657635828714810202 n

La Carta di Varese è un particolarissimo caso di collezionismo illuminato che s’innesta sulla produzione delle carte decorate della Remondini, azienda veneta nota fin dalla metà del ‘600 per il ricco catalogo di libri e carte decorate, da legatoria e da parati, a partire dal primo ‘900.

La fiorente attività della Remondini aveva visto l’inizio del suo declino con la caduta della Repubblica di Venezia e tra il 1859 e il 1860, dopo ben duecento anni di attività, le linee della stamperia Remondini avevano cessato la produzione.

Fu così che arrivarono a Varese, probabilmente per motivi di collezionismo, le matrici lignee relative alla carta decorata, che fu rimessa in produzione fin dall’inizio del Novecento dalla Cartiera Molina di Malnate.

La carta a mano prodotta e stampata a Varese è stata oggetto di una straordinaria storia di promozione e diffusione, voluta da quattro signore appartenenti alla borghesia lombarda imparentata alla nobiltà, le sorelle di Ettore Ponti con la cognata moglie di Ettore.

Alla carta fu attribuito il nome e un marchio, inoltre per favorirne la circolazione a livello internazionale fu presentata alle più importanti esposizioni internazionali d’inizio secolo, da Milano a Bruxelles a Lipsia ottenendone premi e riconoscimenti.

Ora è uscito, per l’editore Macchione, il libro di Carla Tocchetti La Carta di Varese. Fascino e splendore, con 144 pagine un ricco apparato iconografico, che fa per la prima volta in Italia il punto sulla storia della Carta di Varese.

Parliamo un po’ di te, Carla…Come ti sei avvicinata al mondo dell’arte?

 

L’arte mi ha sempre appassionato, è sempre stata al centro dei miei interessi: nel mio percorso di studi, sono laureata a Cà Foscari in Lingue Straniere, ricordo con particolare soddisfazione esami e tesine in Storia dell’Arte, ma anche le fantastiche tappe nei luoghi della cultura che ho potuto fare nei miei viaggi in Italia e all’estero.

Quali sono i tuoi periodi  storici preferiti nella grande storia dell’arte?

Il Romanico e il Rinascimento, la Belle Epoque. Nel nord della Lombardia abbiamo molti esempi, non solo architettonici, appartenenti a quegli anni. Per questo considero un privilegio vivere a Varese, un territorio che ogni giorno regala vedute e ricordi di quei magnifici periodi.

Cos’è per te il Battistero di Velate?

Il Battistero è un antico oratorio di fine ‘600, coevo della costruzione del Viale del Rosario che porta a Sacro Monte di Varese. E’ uno scrigno suggestivo, una struttura che regala particolari condizioni di luminosità e verticalità, in grado di conferire sacralità alle proposte artistiche che ormai da tre anni programmiamo. La disponibilità continuativa per programmi culturali, grazie alla decisione della Curia affidata a me, è un regalo preziosissimo per il territorio.

Qual è stata la mostra che senti più tua tra quelle che hai allestito?

Direi che tutte le mostre sono state estremamente suggestive, perché ho la fortuna di poter collaborare con artisti molto interessanti. Vorrei ricordare soprattutto le installazioni di Missoni “Lune Svelate” (2018), “Seme di Luce” con Bosisio, Bolis e Gamberoni, e Ave Crux con Christian Cremona (2019). Le installazioni, nuova tendenza dell’arte contemporanea, sono una vera sfida perché richiedono particolari sforzi agli artisti: sono realizzate in situ e non vi è alcuna possibilità di ritorno economico. Un altro capitolo a cui sono molto legata è la mostra “Liberty Mon Amour” (2019) che ricreava un ambiente della Belle Epoque con rari pezzi di antiquariato e collezionistico, in tanti anni a Varese non si era mai vista una mostra così.

Come hai scoperto la storia della Carta di Varese?

Quando sono arrivata a Varese ventisette anni fa, per me Carta Varese significava, come credo per molti, la carta usata per foderare i cassettoni. Invece ho scoperto nei miei concittadini un sentimento forte, tra nostalgia e venerazione per un’epoca scomparsa, di cui restavano pochissime testimonianze. E’ stato quando un antiquario mi ha proposto l’anno scorso di esporre al Battistero di Velate la sua collezione di decine e decine di fogli antichi, che mi sono ritrovata di fronte a una realtà che non immaginavo.

E stato difficile fare delle ricerche per questo saggio?

La storia della Carta di Varese non era mai stata scritta in modo approfondito. Il problema più difficile è stato ricostruire una finestra di tempo molto breve: trentasette anni, dal 1902 al 1939. Sono andata alla ricerca di persone che avevano avuto a che fare con i protagonisti della storia o i loro discendenti. Ho raccolto le loro testimonianze e le ho intrecciate con le fonti. Ho avuto la fortuna di recuperare rarissimi oggetti appartenenti a questa storia che non erano mai stati pubblicati prima, ho voluto farli fotografare professionalmente da Karen Berestovoy e ora sono una testimonianza a disposizione di tutti.

 

Come ti senti sentita al termine del tuo lavoro?

Mi sono detta. “Sono riuscita a fare qualcosa per cui sarò ricordata” J J J … scherzo. La storia della Carta di Varese è solo una delle moltissime storie che aspettano di essere scoperte, portate alla luce, raccontate. Sono pronta per nuove sfide.

Farai presentazioni, on line o dal vivo, del tuo saggio?

Non potendo dare seguito per motivi di assembramento alla presentazione ufficiale in Salone Estense del Comune di Varese, ho fatto alcune minipresentazioni per piccoli gruppi ma ci siamo poi dovuti fermare del tutto a causa delle restrizioni dovute al Covid. Anche se non escludo di fare qualche diretta zoom, vorrei privilegiare gli incontri di persona: molti aspettano di partecipare di persona, questo è molto bello. Appena possibile riprenderemo.

Come si vive il mondo dell’arte, delle mostre, con questa pandemia?

Siamo impossibilitati a fare una programmazione a medio termine perchè i DPCM sono in grado di interrompere il lavoro e renderlo inattuabile nel giro di qualche giorno! Inoltre, non sapere quando si può ripartire ci lascia in un limbo davvero funesto, se si tiene conto che ci vogliono settimane per organizzare una mostra di un certo rilievo. Tuttavia non mi arrendo: nel 2020 il Battistero di Velate è stato aperto per soli due mesi di calendario, ma ho potuto realizzato tre mostre, due vernissage, video, materiali cartacei, oltre ad alcune presentazioni fuori Varese. Si sono aperte con più decisione le possibilità di intrecciare attività online a quelle offline sospese, per trovare nuove forme di promozione dell’arte: su questo c’è molto da lavorare. In quest’ambito rientra il progetto arteinstudio.com

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Esaurirò le prossime tre mostre che realizzerò nel 2021 (residuo della programmazione 2020), e inizierò finalmente a programmare le successive stabilendo ponti e collaborazioni con altre città (mi hanno definito “curatrice viaggiante”! ). Proseguirò con il progetto arteinstudio.com, la mappatura di studi di artista che ho iniziato a costruire proprio a partire dal precedente lockdown. La finalità del progetto è portare il pubblico direttamente nello studio dell’artista, in sicurezza e a piccoli gruppi, abbinando alla visita fisica un’attività di narrazione critica continuativa sul web. E poi, vorrei fare dei piccoli passi avanti con un romanzo che ho in animo di scrivere da tempo. Non penso che mi annoierò…