Novant’anni fa a Como nacque Carlo Mauri, grande alpinista lecchese, uomo dalla personalità umile e schiva, che amava la montagna definendola una maestra della sopportazione e che lo vide protagonista di scalate leggendarie con il gruppo dei Ragni, di cui fu uno dei fondatori, e con due grandi alpinisti, il lecchese e suo maestro Riccardo Cassin e Walter Bonatti.

Nato il 25 marzo 1930 all’ombra del San Martino, Mauri giovanissimo entrò a far parte del gruppo alpinistico dei Ragni della Grignetta, fondato nel 1946 da Giulio e Nino Bartesaghi, Franco Spreafico “Piccolo”, Gigino Amati ed Emilio “Topo” Ratti, cui rimase legato per tutta la vita.

Con le pareti delle Grigne ancora da esplorare i quattro fondatori dei Ragni consolidarono il loro legame, ma fu nel 1947 che il gruppo organizzò un campeggio a Misurina, ad appena un’ora di cammino dalle tre cime di Lavaredo, già allora testimoni di pietre miliari della storia dell’alpinismo.

Un campeggio che vide le prime salite e anche i primi incidenti, convincendo i primi membri che anche fuori dalle pareti di casa si potevano compiere belle salite e anche qualcosa di più.

Le salite sulle montagne più famose permisero al gruppo di conoscere alpinisti, anche stranieri, famosi, come nel caso di quando Anghileri e Snapitus videro attoniti Hermann Buhl salire in solitaria velocissimo la via Cassin al Badile, suscitando scalpore al ritorno in città durante la prima riunione del gruppo.

Cosi poco tempo dopo Giudici, Mauri, Redaelli e Piazza rifecero la via che Bonatti aveva aperto nel 1955 sul pilastro del Petit Dru, nel gruppo del Bianco.

Nel 1956 Mauri partì dall’Italia per il Monte Sarmento, nella Terra del Fuoco, e raggiunge la vetta nel marzo dell’anno dopo, insieme alla guida di Pinzolo Maffei e da allora Lecco fu molto legata all’estremo lembo del Sud America nella sua crescita alpinistica.

Ma Mauri aveva anche un cuore da esploratore, che lo portò nel corso degli anni in Patagonia, in Amazzonia, fra gli aborigeni della Nuova Guinea, nei ghiacci perenni del Polo Sud e persino al Polo Nord per il primo censimento degli orsi bianchi.

Negli anni Settanta fu un membro delle spedizioni con Thor Heyerdahl sull’imbarcazione costruita in papiro, Ra1 e Ra2, che attraversò l’Oceano Atlantico, per dimostrare che già in epoche antiche le popolazioni del Mediterraneo erano in grado di attraversare l’Oceano Atlantico.

All’inizio del 1972 Mauri ripercorse a cavallo la via della Seta, sulle orme di Marco Polo, ma il viaggio venne interrotto al confine con la Cina per volere delle autorità cinesi.

Inoltre l’alpinista di Lecco viaggiò più volte in Russia per conoscere il medico russo Gavril Abramovič Ilizarov, che operò la sua gamba fratturata divenuta più corta dopo un incidente sugli sci e cosi l’Italia e l’Europa conobbero la tecnica chirurgica per allungare le ossa, conosciuta come metodo Ilizarov.

Carlo Mauri morì il 31 maggio 1982, colto da un infarto mentre saliva la via ferrata del Pizzo d’Erna, un luogo che gli era sempre stato caro, anche quando si trovava davanti ai giganti dell’Himalaya o alle cime delle Ande.

Oggi in via Carlo Mauri è presente la palestra di arrampicata sportiva dei Ragni di Lecco, come degno ricordo di un uomo che ha aperto la via all’alpinismo lecchese.