Davvero unico è il Carnevale della Val d’Intelvi, in quel di Schignano, paese in una conca a ridosso delle vette della zona, tra il Lago di Como e quello di Lugano, che nel passato era l’inizio dei lavori nei campi e il momento del saluto alle persone che dovevano partire per luoghi di lavoro lontani, per tornare verso la fine di novembre.

Questo carnevale dura quasi due mesi, dall’Epifania alla Quaresima, non ha carri allegorici, non partecipano donne e l’unica figura femminile prevista è interpretata da un uomo, che è anche la sola persona che può parlare durante la manifestazione, rigorosamente in lingua locale, l’unica ammessa ufficialmente.

Si inizia con “La Vegeta” al 5 gennaio, la festa dei giovani di Schignano che durante l’anno diventeranno maggiorenni. Un retaggio delle vecchie tradizioni, una sorta di rito d’iniziazione e di presentazione nel mondo degli adulti.

I ragazzi si trovano in piazza San Giovanni, nella frazione di Occagno per l’atto conclusivo della “Vegeta”, un tempo, il saluto del paese prima del “partir soldato”. Vengono poi fatti sfilare per le vie e le frazioni che compongono il paese, vestiti con la divisa militare, seguiti da una processione di amici e parenti, oltre che da un antico organo, ridipinto dai coscritti, trainato da un mulo; il corteo ha come colonna sonora la “fugheta” suonata da alcuni elementi della banda di Schignano. I ragazzi visitano tutte le case per raccogliere offerte, in cibo e bevande, per la loro cena. Mentre le ragazze si occupano di allestire la sala feste.

Una volta finito il giro, i ragazzi si ritrovano tutti nella sala feste, e cominciano a ballare con le tipiche “munfrine”, ovvero i balli tipici della valle d’Intelvi, tramandati da generazioni.

Allo scoccare della mezzanotte tra il 5 e il 6 gennaio, avviene il passaggio di consegne tra la “Vegeta” e lo storico Carnevale con l’arrivo dei Brut e dei Mascarun, con loro tutto il resto degli abitanti.

Da questo momento il Carnevale di Schignano può partire ufficialmente per i suoi quasi due mesi di festa.

I coscritti si ritirano per la cena con genitori e parenti, ma dovranno stare svegli tutta la notte per partecipare poi alla messa dell’Epifania, dalle 10 in chiesa parrocchiale.

Contemporaneamente il Carlisep (el Zep), un fantoccio che ha le fattezze di un giovane e che simbolizza il Carnevale, viene collocato nella piazza principale, fino al termine delle manifestazioni che segnano l’inizio della Quaresima.

L’altra caratteristica che lo rende famoso è data dalle rarissime e particolari maschere in legno, materiale a disposizione da sempre nei boschi circostanti.

Le maschere sono il centro di questa manifestazione carnevalesca, basata sulla contrapposizione dei belli con i brutti, tra ricchi e poveri. I belli sono i “Mascarun”, rappresentando i “signori del paese”, hanno maschere di colore chiaro, più curate, rifinite, dai lineamenti dolci. In testa un cappello rivestito da fiori colorati e completato dai bindèi un fascio di nastri colorati che si allungano sulla schiena.

“I Brut” portano invece in scena il “povero”, quello che vive della vita agreste, che emigra o al limite fa lo sfrusadur, ovvero l’andare di frodo, cioè fare il contrabbandiere con la Svizzera per mantenere la famiglia. Hanno maschere scure in legno, intagliate a mano in maniera appositamente più grezza, dai lineamenti marcati, forti a volte con bocche storte e denti mancanti. Vestono abiti dimessi, spesso anche sacchi di juta, imbottiti di paglia, ricoperti da stracci e foglie, gli attrezzi contadini di una volta.

Tra i personaggi compare anche la Ciocia, ovvero la moglie-serva del “Mascarun” legata strettamente a lui da una corda. Con la sua voce stridula, è la sola ammessa a parlare, in dialetto, durante i cortei del Carnevale di Schignano, sempre petulante e polemica. Tassativamente rappresentata da un uomo con il volto marcatamente truccato, abiti di un tempo: calze di lana, zoccoli, gonna lunga, camicia scialle di lana e fazzoletto in testa e zoccoli di legno. Porta una cesta con della lana, il fuso e la rocca, a sottolineare che lei lavora sempre e comunque, nonostante debba seguire il marito.

Troviamo poi altre due figure “i Sapeur e la Sigurtà”. I primi hanno il volto nero, scurito dalla fuliggine, a contrasto abiti in pelle di pecora con un cappello alto. Hanno barba, e baffi lunghissimi e bianchi, portano una borraccia e un’ascia di legno; si muovono da gendarmi con passo marziale. Una figura che ricorda gli antichi Celti o Vichingi, nelle raffigurazioni iconiche.

I Sapeur, il sabato e il martedì grasso, sono chiamati ad aprire e sorvegliare il corteo subito dietro alla Sigurtà. Maschera che porta un cappello militare, un mantello e con una fascia recante la scritta “sigurtà”, rappresentando l’autorità e la legge.

Ultimo personaggio è il Carlisep (el Zep), un fantoccio che rimane appeso, per tutto il tempo del Carnevale nella piazza principale. Nel pomeriggio dell’ultimo giorno delle manifestazioni, il martedì grasso, si trasforma improvvisamente in maschera vivente, scappando per tutte le strade di Schignano, per sfuggire al rogo, inseguito da tutti.

E’ immancabilmente ripreso, e dopo la cena viene portato in processione dai coscritti che allo scoccare della mezzanotte, lo bruceranno in Piazza San Giovanni, decretando così la fine del Carnevale.

Nel 2010 è stata fondata l’associazione M.A.SCH.E.R.A. (Mascherai Artisti Schignanesi Estimatori Ricercatori Associati) che riunisce le persone che nutrono interesse e passione per il carnevale e le sue tradizioni, per conservare il patrimonio culturale del carnevale schignanese.

Le manifestazioni del Carnevale di Schignano, fanno parte del R.E.I.L. (Registro delle Eredità Immateriali Lombarde), progetto di valorizzazione, salvaguardia e promozione dei beni immateriali, saperi tradizionali e pratiche rituali della Regione Lombardia.