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Forse non tutti sanno che a Stresa, nei suoi ultimi anni di vita, visse Clemente Rebora, sacerdote poeta tra i più noti del Novecento italiano…

Nato il 6 gennaio 1885 a Milano da una famiglia genovese, Rebora compì gli studi, fino al liceo, nel capoluogo lombardo.

Il padre, fervente garibaldino, tenne il ragazzo lontano dagli ambienti clericali, educandolo agli ideali mazziniani molto diffusi fra la borghesia lombarda dell’epoca.

Clemente, tuttavia, dimostrò ben presto di voler intraprendere una strada tutta sua e s’iscrisse alla facoltà di medicina a Pavia, ma vi restò soltanto per un anno, per poi passare all’Accademia scientifica-letteraria di Milano, dove studiò Lettere, con compagni di corso il filologo Angelo Monteverdi e il filosofo Antonio Banfi.

Nel 1910 si laureò con una tesi su Romagnosi e cominciò a collaborare a La voce, la prestigiosa rivista letteraria fiorentina.

Per le edizioni di La Voce nel 1913 furono pubblicati i Frammenti Lirici, accolti con grande interesse nell’ambiente letterario milanese. Intanto il poeta iniziò a lavorare come insegnante in alcuni istituti tecnici, oltre a conoscere Lydia Natus, un’artista ebrea russa, che fu la sua compagna per sei anni.

Durante la prima guerra mondiale Rebora fu sergente, poi ufficiale, e venne inviato sul Carso, dove rimase ferito alla tempia dallo scoppio di una granata.

Tornato a casa, il poeta ebbe una serie di crisi nervose e gli fu diagnosticata una nevrosi da trauma.

Alla fine di questo periodo, pubblicò i Canti Anonimi, scritti tra il 1920 e il 1922, che testimoniano un travaglio interiore dove Rebora si avvicinò prima alle religioni orientali e al misticismo buddista, e poi alla fede cattolica in un regime di vita austero e ascetico, come dimostrano i Sedici Libretti di vita, testi di divulgazione di opere di mistica occidentale e orientale.

Nel 1929 arrivò la conversione al cattolicesimo, grazie anche all’amicizia profonda con il cardinale Schuster, che gli impartì la Cresima.

Bruciate libri e carte personali, nel 1931 il poeta entrò come novizio nel collegio rosminiano di Domodossola, dove vigeva un cristianesimo radicale, fondato su un voto di annullamento, con la prospettiva di vivere nell’amore di Dio.

Nel 1933 Rebora pronunciò la professione religiosa e tre anni dopo venne ordinato sacerdote, dedicando tutto il proprio tempo all’assistenza dei diseredati, malati, poveri e prostitute.

Dopo la stesura di otto poesie religiose nel 1936-1947, la scrittura ritornò prepotentemente alla fine della vita del poeta per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, dovute a una paralisi progressiva, con nel 1955-56 i Canti dell’infermità e il Curriculum vitae, autobiografia in versi, che concludono l’opera poetica e la sua vita.

Clemente Rebora morì a Stresa l’1 novembre 1957, a 73 anni.