L’Abruzzo, con le sue montagne innevate, le strade dei paesini punteggiate da lucine, ci racconta di tradizioni ancora vive, tramandate di generazione in generazione e mai dimenticate.

Una di queste è il rito del ceppo, che consiste nel bruciare un ceppo, messo da parte al momento della provvista della legna, per farlo ardere dalla notte della Vigilia di Natale fino alla notte di Capodanno, senza lasciar spegnere la fiamma.

Il ceppo in fiamme, detto tecchia nel dialetto abruzzese, simboleggia l’anno che volge al termine e che conserva dentro di se tutti gli avvenimenti negativi accaduti nel corso dell’anno.

Questo rito era un evento molto importante per ogni famiglia, che si riuniva per l’accensione recitando la formula “Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane. Ogni grazia di Dio entri in questa casa. Le donne facciano i figlioli, le capre caprette, le pecore agnelletti, abbondi il grano e la farina e si riempia la conca di vino”.

Al termine del fuoco propiziatorio, la cenere del ceppo era sparsa nel terreno in modo da renderlo più fertile.

Un’altra usanza legata al fuoco è nel piccolo borgo di Tufillo, in provincia di Chieti, dove la farchia, un tronco lungo e dritto che arriva anche ai 20 metri, è la protagonista di questo evento, cui sono aggiunti anche altri piccoli tronchi per formare un grosso fascio da ardere, tenuto insieme da cerchi di ferro.

Nel pomeriggio del 24 dicembre la farchia è trascinata attraverso il centro storico e raggiunge la chiesa di Santa Giusta quando ormai è notte inoltrata, mentre i portatori del tronco durante il percorso si fermano per rifocillarsi con dolci, vino e ascoltare buona musica.

A mezzanotte, nella piazza della chiesa di Santa Giusta, il parroco brucia la grande farchia mentre i fedeli assistono a questo spettacolo intonando canti natalizi.

Invece la squilla è un evento legato alle festività di Lanciano, sempre in provincia di Chieti.

Le sue origini risalgono agli anni dal 1588 al 1607 quando l’arcivescovo Tasso, il 23 dicembre, raggiungeva, scalzo, la chiesa dell’Iconicella dal suo palazzo.

E’ il nome di questa consuetudine deriva da una campanella, detta la squilla, che era suonata dall’arcivescovo durante i 3 km di cammino, che simboleggiavano il viaggio dei pastori che si dirigevano verso la grotta di Betlemme.

Oggi il suono della campana il 23 dicembre indica l‘inizio delle festività natalizie e i fedeli, durante il pomeriggio, amano percorrere il cammino dell’arcivescovo dalla Piazza Plebiscito fino alla chiesa dell’Iconicella.