In Piemonte, fino al III secolo d.C., il Natale era sostituito dal solstizio d’inverno, festeggiato in onore del Sole e di Mitra, dio adorato dalle legioni romane, come racconta Giulio Cesare nel De bello gallico, oltre a una documentazione fornita da una serie di reperti rinvenuti a Pollenzo, Susa, Ivrea, Benevagienna e Asti.

Le libagioni eccessive e la licenziosità erano il simbolo di questa festa, di cui alcuni aspetti si sono conservati anche dopo la cristianizzazione, infatti in Val d’Aosta, Val Pellice e Valli Occitane si continua ad agghindare gli alberi secondo la tradizione celtica.

Le usanze natalizie piemontesi contadine erano piuttosto numerose.

Ad esempio nel Vercellese si traevano auspici per il buon anno tagliando una mela, mentre nel Torinese si versava una chiara d’uovo in un recipiente e al mercato di Corso Racconigi, confine doganale torinese, si abbellivano con ghirlande gli agnelli portati dai pastori e si consumava un dolce di ricotta poi, dopo la messa di mezzanotte, i devoti si ristoravano con un vin brulé ricco di spezie.
Nel Monferrato a Natale ogni famiglia andava in chiesa a mezzanotte lasciando socchiusa la finestra, in modo che la Sacra Famiglia passando, potesse entrare per riposarsi.

Invece nel Biellese si conservava l’olio dei lumi della messa di Natale e in provincia di Cuneo il membro più anziano della famiglia a Natale accendeva una candela, come buon auspicio per il futuro raccolto.

Erano in uso anche vari canti natalizi, come i nouvet, cantati in provincia di Torino e di Cuneo, nonché in Provenza, nella valle del Rodano e nella zona dell’Argentera, che furono raccolti dagli esperti di folclore locale nel Settecento, oltre alle pastorali, simili alle carols inglesi, ai Weihnachtslieder tedeschi e alle colinde romene.

Molto noto è anche il personaggio di Gelindo, simbolo delle rappresentazioni teatrali popolari natalizie, visto come un pastore piemontese che si muove dal Monferrato per obbedire al decreto di Augusto, conosce Giuseppe con Maria, e vorrebbe invitarli a casa sua, poichè hanno difficoltà a trovare alloggio.

Un tempo in Piemonte si diceva A ven Gelindo per dire che arrivava il Natale.

Moltissimi sono i presepi viventi in Piemonte, specie in provincia di Torino, che si tengono a Lanzo, Viù, Coazze, Mezzenile, Monastero e Villar Dora e, nell’eporediese, a Romano, Strambino, Samone e Candia.

Molto diffusa in Piemonte era anche la credenza che durante la notte di Natale gli animali potessero parlare, di solito legata a bovini e cavalli, mentre in altri luoghi erano soprattutto i gatti a manifestare capacità divinatorie, predicendo il futuro ai loro padroni.