Artemisia Gentileschi, donna dalla forte personalità, nacque a Roma l’8 luglio 1593 da Prudenza Montone e del pittore pisano Orazio Gentileschi, dal quale ereditò la passione per la pittura e un ferreo rigore artistico.

Artista sottovalutata, la sua figura fu riscoperta nel Novecento per la sua forza interiore, il suo espressivo linguaggio pittorico, oltre che la sua determinazione nell’affermare il suo genio artistico.

Sebbene nel Seicento l’arte pittorica fosse ancora appannaggio quasi esclusivo degli uomini, Artemisia fin da piccola apprese, presso la bottega paterna, le tecniche pittoriche basilari imparando a disegnare, a impastare i colori e a dar lucentezza ai dipinti.

Senza la possibilità di entrare all’Accademia di Roma, dove le donne erano escluse, l’esperienza maturata fu per Artemisia una chance per esercitare la sua arte, grazie a maestri come Caravaggio, dal quale riprese una spiccata drammaticità teatrale.

La prima opera attribuita ad Artemisia è Susanna e i vecchioni, dove sembra plausibile riconoscere nella fanciulla la stessa pittrice e nei due vecchioni Orazio, suo padre, e Agostino Tassi, il pittore che la violentò nel maggio del 1611 e fu processato e condannato a otto mesi di reclusione.

Il 29 novembre del 1612, nonostante la sua reputazione fosse compromessa, il padre riesce a combinare un matrimonio della figlia con l’artista fiorentino Pierantonio Stiattesi, poi i coniugi lasciarono Roma.

A causa dello scandalo, infatti, il talento artistico di Artemisia passò in secondo piano e la pittrice perse il favore di molti artisti che fino a poco tempo prima avevano apprezzato la sua opera.

Trasferitasi a Firenze con il marito, dal quale ebbe quattro figli, Artemisie fece amicizia con i grandi artisti del periodo, tra i quali Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il giovane, nipote del più famoso Michelangelo.

Nel 1616 entrò nella più antica accademia di belle arti del mondo, l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.

La difficile convivenza con il marito e i debiti accumulati spinsero Artemisia a tornare a Roma nel 1621, dove entrò a far parte dell’Accademia dei Desiosi.

Dopo un periodo passato a Venezia in cerca di nuove commissioni (1627-1630) Artemisia giunse a Napoli dove rimase fino alla morte.

Nel 1638 Artemisia, su ordine di Carlo I Stuart, raggiunse il padre Orazio a Londra, dove era il pittore di corte, per poi lavorare da sola anche dopo la morte del padre, avvenuta nel 1639.

Lasciata l’Inghilterra prima della guerra civile, nel 1649 Artemisia tornò a Napoli e intrattiene una fitta corrispondenza con il suo mentore don Antonio Ruffo di Sicilia.

Artemisia Gentileschi morì a Napoli nel 1653.