Un Nobel che per tutta la vita fu alla ricerca del vero volto di Dio…

Francois Mauriac nacque l’11 ottobre 1885 a Bordeaux, in una famiglia composta da cinque fratelli, un padre agnostico e repubblicano, e una madre, Claire, cattolica che, rimasta vedova a ventinove anni, educò i figli alla religione.

Mauriac studiò al Grand-Lebrun diretto dai religiosi Marianisti e mostrò una forte passione per i grandi autori francesi, come Pascal, Baudelaire, Balzac e Racine.

Il suo esordio avvenne con un articolo per La vie fraternelle, voce del movimento cattolico Sillon, d’impronta operaia e popolare poi, ottenuta la laurea in lettere nel 1906, si trasferì a Parigi per partecipare al concorso all’École des Chartes, che gli aprì la carriera d’insegnante.

Dal 1909 decise di dedicarsi alla letteratura, pubblicando la raccolta di poesie intitolata Les mains jointes, seguita dal romanzo L’enfant chargé de chaînes, dove già si notava l’ispirazione religiosa anche se i toni erano ancora molto velati.

Nel 1913 si sposò con Jeanne Lafon e, all’inizio della prima guerra mondiale, ottenne l’esenzione dal servizio militare per motivi di salute, così si dedicò anche all’attività di giornalista, collaborando con Gaulois e Le Figaro e s’impegnò come promotore di un manifesto destinato ai cattolici perché si dissociassero dal franchismo.

In romanzi come Il bacio al lebbroso (1922), Thérèse Desqueyroux (1927), Groviglio di vipere (1932), condannò duramente la borghesia di provincia, lontana da ogni possibilità di riscatto, come anche nella sua produzione teatrale, con Asmodeo del 1937, Amarsi male (1945) Passaggio del diavolo (1947) e Il fuoco sulla terra (1950).

Mauriac criticava il grigio mondo borghese in nome dei valori religiosi, ma non esitava a contrapporre alla rinuncia cristiana il forte impulso a una vita piena, come anche alla famiglia e i rapporti famigliari, simbolo del degrado e il deterioramento dei valori e del senso della vita.

Il pessimismo cronico di Mauriac bene evidenziava il carattere mostruoso dei suoi personaggi, al punto che, assieme a Georges Bernanos, Karl Barth, Maritain e Gabriel Marcel, scrisse vari articoli per la rivista cattolica Temps présent.

Ai personaggi cupi dei romanzi, lo scrittore alternò i ritratti più distaccati dei saggi critici su Jean Racine, Blaise Pascal, Gesù, oltre agli studi sui problemi psicologici del credente, tra i ciui Sofferenza e gioia del cristiano (1931) e Brevi saggi di psicologia religiosa (1933), così come nei suoi saggi dottrinali Giovedì Santo (1931) e La pietra dello scandalo (1948).

Durante la seconda guerra mondiale Mauriac si oppose al governo di Vichy e si avvicinò alle posizioni del generale Charles de Gaulle, ma nel 1945 prese le difese degli scrittori collaborazionisti, come Robert Brasillach.

Per lo stile fluido e ricco d’immagini, per la coerenza e dirittura morale ma soprattutto perché trattò temi universali, gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura del 1952.

Nel maggio 1955 Mauriac spinse il suo amico Elie Wiesel a scrivere delle sue esperienze d’internato nei campi di concentramento di Auschwitz e Buchenwald, che nel 1958 divennero una delle opere più famose dello scrittore ebreo, La notte.

Ricco e famoso, Francois Mauriac mori a Parigi il 1 settembre 1970.