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Uno scrittore che visse il dramma della ritirata dalla Russia durante la seconda guerra mondiale…

Primo dei quattro figli di Edoardo, funzionario del Provveditorato agli Studi, ed Elisa, Giulio Bedeschi nacque ad Arzignano il 31 gennaio 1915.

A Vicenza frequentò le scuole del Patronato Leone XIII e il liceo classico Antonio Pigafetta con quelli che saranno gli amici di una vita, da Gianni Pieropan a Mariano Rumor.

I trasferimenti del padre, prima a Venezia e poi a Forlì, portarono Giulio a terminare gli studi di Medicina, già iniziati a Padova, presso l’ateneo bolognese.

Nel 1940 ebbe l’abilitazione alla professione e terminò la Scuola Allievi Ufficiali presso la Scuola Militare di Sanità di Firenze.

Sottotenente dell’Esercito, venne chiamato a far parte di una commissione medica incaricata di esaminare i soldati in partenza per il fronte greco – albanese.

L’esigenza etica della condivisione e della solidarietà, valori cardine delle figure di fanti e alpini poi ritratte nei suoi libri, lo spinsero ad arruolarsi come volontario e a partire per aiutare gli altri.

Al seguito dell’Armir, subentrato al Corpo di Spedizione Italiano in Russia, che ampliò il coinvolgimento dell’Italia nella già difficile campagna militare, nell’estate del 1942, raggiungendo il fratello minore Giuseppe, Giulio fu trasferito nella steppa russa, dove rimase fino al momento della ritirata.

Da questa esperienza trasse l’ispirazione per la stesura di Centomila gavette di ghiaccio tra il 1945 e il 1946, poi rifiutato per diciotto anni da numerose case editrici e infine edito nel 1963 da Mursia nella collana Testimonianze tra cronaca e storia. Guerre fasciste e Seconda Guerra Mondiale.

Il successo di pubblico è immediato e nel 1964 gli fu attribuito il Premio Bancarella.

La notorietà raggiunta significò per Bedeschi una serie di collaborazioni a varie testate giornalistiche quali L’Europeo, Gente, Storia illustrata, e partecipazioni a conferenze e giornate studio ma non rinunciò mai all’esercizio della professione di reumatologo, prima a Brescia, città in cui aveva domicilio e dove nel 1955 si era sposato con Luisa Vecchiato, poi, dal 1960, a Milano dove fondò il Centro Polispecialistico Reumatologico.

Nel 1966 uscì Il peso dello zaino, la storia delle vicende dei reduci del gruppo Conegliano dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, seguirono La rivolta di Abele del 1972 e La mia erba è sul Don, vincitore del premio letterario Città di Bergamo nel 1973 e, nel 1974, del premio Maria Cristina.

Durante gli anni settanta e ottanta, Bedeschi, in collaborazione con la casa editrice Mursia, progettò la collana C’ero anch’io, una raccolta di testimonianze di coloro che furono protagonisti diretti nei vari fronti della Seconda Guerra Mondiale.

Nel settembre 1990, malato da tempo Bedeschi rientrò in Veneto, a Verona, dove morì il 29 dicembre.