commemorazione pippo fava 2018

Uno scrittore e un giornalista che per tutta la vita lottò contro la mafia…

Giuseppe Fava, detto Pippo, nacque il 15 settembre 1925 a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, da Elena e Giuseppe, maestri in una scuola elementare.

Trasferitosi a Catania nel 1943, si laureò in Giurisprudenza e divenne giornalista professionista, collaborando con diverse testate, sia locali che nazionali, tra cui il Tempo illustrato di Milano, Tuttosport, La Domenica del Corriere e Sport Sud.

Nel 1956 fu assunto dall’Espresso sera e, nominato caporedattore, scrisse di calcio e cinema, ma anche di cronaca e politica, intervistando Giuseppe Genco Russo e Calogero Vizzini, gli insospettabili boss della mafia di Catania.

Fava cominciò a scrivere per il teatro e, dopo l’inedito Vortice e La qualcosa, lavorò a quattro mani con Pippo Baudo, nel 1966 presentò Cronaca di un uomo, che si aggiudicò il Premio Vallecorsi, mentre quattro anni più tardi La violenza, dopo aver vinto il Premio IDI, fu portato in tournée in tutta Italia, con il debutto al Teatro Stabile di Catania.

Pippo si dedicò anche alla saggistica e nel 1967 pubblicò per Ites Processo alla Sicilia e nel 1972 Il proboviro. Opera buffa sugli italiani.

In seguito, si avvicinò al cinema, dopo che Florestano Vancini diresse La violenza: Quinto potere, trasposizione cinematografica del primo dramma di Fava.

Mentre Luigi Zampa portò sul grande schermo Gente di rispetto, il suo primo romanzo, Fava scrisse Prima che vi uccidano, senza rinunciare al teatro con Bello, bellissimo, Delirio e Opera buffa, quindi lasciò l’Espresso sera e si trasferì a Roma, dove per Radiorai condusse la trasmissione radiofonica Voi e io.

Mentre proseguì le collaborazioni con il Corriere della Sera e Il Tempo, scrisse Sinfonia d’amore, Femmina ridens e la sceneggiatura del film di Werner Schroeter Palermo or Wofsburg, tratto dal suo romanzo Passione di Michele, che conquistò l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 1980.

In seguito il giornalista divenne direttore del Giornale del Sud, dove raccolse una redazione che comprendeva Rosario Lanza, Antonio Roccuzzo, Michele Gambino, Riccardo Orioles e suo figlio Claudio.

Sotto la sua direzione, il quotidiano denunciò gli interessi di Cosa Nostra a Catania.

L’esperienza al Giornale del Sud di Fava finì nel giro di poco tempo, a causa del passaggio del quotidiano a una cordata d’imprenditori, con Giuseppe Aleppo, Gaetano Graci, Salvatore Costa e Salvatore Lo Turco, quest’ultimo in contatto con il boss Nitto Santapaola, che avevano legami con la mafia.

Con i suoi collaboratori decise di dare vita a una nuova rivista, I Siciliani, nel novembre 1982, che divenne un punto di riferimento per la lotta alla mafia, e le inchieste che vi furono pubblicate attirarono l’attenzione dei media per l’opposizione alle basi missilistiche sull’isola.

Il 28 dicembre 1983 Fava rilasciò un’intervista a Enzo Biagi per il programma Filmstory in onda su Raiuno, in cui denunciava la presenza della mafia nella politica siciliana.

Alle nove e mezza della sera del 5 gennaio 1984, Fava si trovava in via dello Stadio a Catania, diretto al Teatro Verga per andare a prendere la nipotina, che recitava in Pensaci, Giacomino di Pirandello, quando fu ucciso da un sicario.

Inizialmente la polizia e la stampa ipotizzarono un delitto passionale, poiché la pistola impiegata per l’omicidio non era tra quelle usate nei delitti mafiosi.

La rivista I Siciliani continuò a uscire anche negli anni successivi alla morte del fondatore e il processo Orsa Maggiore 3, conclusosi nel 1998, individuò come organizzatori della morte di Fava, Marcello D’Agata e Francesco Giammauso, come mandante il boss Nitto Santapaola e come esecutori Maurizio Avola e Aldo Ercolano.