ecfb25b38f7928cd0d388de9b5a6e1d0 XL

Giuseppe Pitrè, medico, storico, filologo, letterato, fu il più importante esponente del folklore italiano, non soltanto per la vastità delle sue ricerche, ma anche per il suo metodo minuzioso…

Pitrè nacque a Palermo il 22 dicembre 1841 da Salvatore, un marinaio, e da Marina Stabile. Laureatosi in medicina, fu medico molto stimato e venne a contatto con i ceti più umili e col mondo dei marinai e dei contadini.

In quel mondo, spinto dalla passione per gli studi storici e filologici, raccolse i Canti popolari siciliani, che sentì anche dalla voce della madre che per lui era la sua Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, come racconta nella dedica alla sua prima opera.

Tra le sue opere ricordiamo Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani delle parlate siciliane, Le storie di Giufà, Proverbi Siciliani, Il Vespro Siciliano nelle tradizioni popolari della Sicilia e Il libro rosso.

La sua opera maggiore, unica per ricchezza di materiale e ampiezza di ricerche, è la Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane pubblicata in venticinque volumi tra il 1871 e il 1913, le cui varie sezioni abbracciano la totalità dei fatti folcloristici siciliani, tra canti, giochi, proverbi, indovinelli, fiabe, spettacoli, feste e medicina popolare.

Ma non si limitò soltanto a riportare i contenuti in essa citati, anzi si dedicò con cura e meticolosità a mettere in luce il significato etnico e l’importanza storica delle tradizioni da lui illustrate.

Alle leggende e ai canti seguirono studi critici che furono il frutto di ampie e profonde investigazioni, come sulla storia di Cola Pesce.

Pitrè, nel suo libro Fiabe e leggende Popolari Siciliane, riportò un racconto narratogli da un certo Francesco Puleo dal titolo di Lu Ballafranchisi.

Nella parte iniziale della novella si racconta che a Pietraperzia un tempo era santo protettore sant’Alessandro e a Barrafranca san Rocco.

I Pietraperzesi, stanchi del loro santo, decisero di scambiarlo con quello dei Barrafranchesi, statua compresa, cosa che riuscì perfettamente.

Collaborò proficuamente con Salvatore Salomone Marino, col quale fondò nel 1880, dirigendola fino al 1906, la più nota rivista di studi sul folclore del tempo, Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, e intrattenne una fitta corrispondenza con studiosi di tutto il mondo, oggi conservata in una sezione del museo etnografico di Palermo.

Nel 1903 fu nominato Presidente della Reale Accademia di Scienze e Lettere di Palermo e il 16 febbraio 1909 fu eletto socio dell’Accademia della Crusca.

Pitrè nel 1910 fondò il Museo Etnografico, dove raccolse tutti i materiali e gli oggetti ricercati per la Sicilia, che oggi porta il suo nome, ed è ospitato nelle ex-stalle della Palazzina Cinese, all’interno del Parco della Favorita di Palermo.

Sempre nel 1910 fu chiamato a insegnare demopsicologia, come chiamava il folclore, all’Università di Palermo, quando già aveva acquisito fama e apprezzamenti nell’élite culturale del tempo.

Per i suoi meriti e per la sua fama venne nominato Senatore del Regno il 30 dicembre 1914.

Giuseppe Pitrè morì nella sua Palermo il 10 aprile 1916.