Al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dall’inizio di aprile al 31 ottobre si terrà la mostra Gli Etruschi e il Mann, a cura di Valentino Nizzo e Paolo Giulierini e promossa dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, con più di 600 reperti di cui almeno 200 presentati al pubblico per la prima volta.

L’esposizione racconterà sei secoli in un percorso d’indagine che, sulle orme degli Etruschi, cercherà di unire la pianura padana e quella italica.

Fino alla fine dell’Ottocento l’idea di una presenza degli Etruschi in Campania fu rifiutata dai più importanti studiosi del tempo, poi partì uno dei capitoli più avvincenti della ricerca archeologica in Italia e nel Mediterraneo e il ricchissimo patrimonio, custodito nei depositi del Mann, darà uno spaccato inedito nel panorama espositivo internazionale, con uno straordinario gruppo di materiali dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, parte del corredo della Tomba Bernardini da Palestrina tra le più ricche e famose del mondo antico.

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli nacque nel 1777, con il trasferimento dell’Università nel Real Convitto del Salvatore, cosi il re Ferdinando IV decise di destinare il Palazzo degli Studi a sede del Museo Borbonico e della Real Biblioteca.

Si realizzò in questo modo il progetto dei Borbone di creare a Napoli un istituto per le arti, riunendo il fondo librario, la ricchissima raccolta di antichità, appartenute a Elisabetta Farnese, madre di Carlo III, divisa tra Roma e Capodimonte, e le collezioni archeologiche degli scavi intrapresi nelle cittadine vesuviane dal 1738, già esposte nel Museo Ercolanese di Portici.

Nonostante le difficoltà economiche nel 1801 fu aperta al pubblico, nel Gran Salone della Meridiana, la “Real Biblioteca di Napoli”, e durante il decennio francese nacquero le prime sezioni del “Museo Reale”.

Tornati i Borbone dall’esilio in Sicilia il museo venne arricchito d’importanti collezioni, quali la Borgia, la Vivenzio, e parte della collezione personale formata a Napoli da Carolina Murat.

Nel corso del XIX secolo si susseguirono molti arrivi sia di collezioni private, che di materiali provenienti dagli scavi eseguiti in Campania e nell’Italia meridionale e soprattutto nell’agro Pompeiano e Vesuviano: tra il 1830 e il 1840, con il mosaico di Alessandro e gli altri mosaici della Casa del Fauno, il Vetro blu, il Vaso di Dario.

Con l’Unità d’Italia, il Museo divenne proprietà dello Stato, assumendo la denominazione di Museo Nazionale e venne completamente riordinato da Giuseppe Fiorelli, secondo un criterio tipologico.

Alla nuova riorganizzazione di Ettore Pais tra il 1901 e il 1904 seguirono le sistemazioni di singole collezioni, per le disponibilità di nuovi spazi creatisi con i trasferimenti, nel 1925, della Biblioteca nel Palazzo Reale di Napoli e, nel 1957, della Pinacoteca nell’attuale Museo di Capodimonte, lasciando nel palazzo le ricche collezioni di antichità, così il Museo iniziò ad assumere l’identità di Museo Archeologico, per documentare da un lato il collezionismo privato, dall’altro i vari contesti di scavo.