I forti di Genova oggi sono un notevole esempio di sistema difensivo del panorama nazionale italiano, con quindici fortificazioni e diversi sistemi difensivi, divisi in due rami principali.

Il primo ramo è lungo la dorsale nord-sud, che va da Forte Diamante a Forte Belvedere, mentre il secondo è tra le colline sopra l’area del medio Levante, che da forte Quezzi scendono fino a Forte San Giuliano.

La realizzazione di questo complesso avvenne fra la prima metà del XVII e la metà del XIX secolo, inizialmente come supporto alla difesa delle mura seicentesche, per poi diventare in età napoleonica e sabauda un sistema a sé.

Entrambi i rami sono collegati, al loro interno, attraverso reti di sentieri che aumentano il valore paesaggistico della zona.

Il ramo che si sviluppa in direzione nord-sud è maggiormente rinforzato dai collegamenti con la città ed è in vicinanza delle mura cittadine del Seicento, dette la settima cerchia di mura di Genova, con strade carrabili, la funicolare Zecca-Righi e la ferrovia Genova – Casella.

Uno di questi forti è il Forte Begato, compreso nelle Mura Nuove a difesa della città, collocato su un pianoro lungo il ramo della cinta difensiva che dal Forte Sperone scende lungo il crinale della Val Polcevera.

Il forte prende il nome dal paese di Begato, frazione del quartiere di Rivarolo, sul versante esterno delle mura.

Nel 1818 il governo sabaudo su questo sito fece costruire la caserma, la cui costruzione si protrasse fino al 1830.

Tra il 1832 e il 1836 fu completato il recinto bastionato che si affaccia sulla strada, isolando il complesso dalla città.

Durante i moti del 1849 il forte venne occupato dai rivoltosi, che potevano controllare la Val Polcevera, attraversata dalla strada di accesso a Genova dei soldati regi, poi bombardarono i nemici che avevano rioccupato le caserme di San Benigno e il Forte Tenaglia.

Nei giorni successivi, con gli eventi ormai a favore dell’esercito regio, i rivoltosi abbandonarono il forte, che le autorità militari, arrivate sul posto dopo la resa del 10 aprile, trovarono vuoto.

Durante la prima guerra mondiale nel forte furono imprigionati i prigionieri di guerra austriaci impiegati nelle opere di rimboschimento del monte Peralto.

Nel 1941 un bombardamento aereo inglese distrusse completamente uno dei quattro bastioni e dopo l’8 settembre 1943 il forte venne occupato dalle truppe tedesche, che lo tennero fino alla fine del conflitto.

Oggi il forte è chiuso al pubblico, e nonostante il suo interesse storico e architettonico, è stato lasciato a se stesso.

Un secondo simbolo dei forti è la Porta dei Vacca, edificata tra il 1155 e il 1159 subito dopo la copertura del rivo Carbonara, collocate nel sistema difensivo della terza cerchia di mura per far fronte alle aggressioni di Federico Barbarossa.

La porta fu chiamata di Santa Fede per la vicinanza con l’omonima chiesa, di cui oggi ci sono i resti all’interno di una struttura a uso di ufficio comunale.

Dal XII secolo ebbe il nome di Porta dei Vacca, dal nome della famiglia Vachero.  proprietaria di alcune abitazioni nella zona e fu usata a lungo come prigione, oltre che per esecuzioni capitali.
Nel 1782 le due torri furono rivestite con materiale lapideo dall’architetto Pellegrini che apri anche finestre e poggioli e incorporò la torre sud nel vicino Palazzo Serra.

Infine nel 1960 una serie di elementi caratteristici della torre posta sul versante mare vennero riportati alla luce dell’architetto Mazzino.