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Un uomo che seppe dare un grande esempio di fede nella Milano della seconda guerra mondiale…

Alfredo Ildefonso Schuster, nacque a Roma il 18 gennaio 1880, figlio del caposarto degli zuavi pontifici e fin da bambino servì Messa nei pressi del Vaticano.

Rimasto orfano di padre, entrò nello studentato di San Paolo fuori le Mura dove ebbe come maestri il Beato Placido Riccardi e don Bonifacio Oslander, che lo educarono alla preghiera, al silenzio e all’ascesi.

In pochi anni Ildefonso divenne il maestro dei novizi, priore claustrale e abate ordinario, oltre a dedicarsi all’arte sacra, all’archeologia e alla storia monastica e liturgica di cui era grande appassionato.

Laureato in filosofia al Collegio di Sant’Anselmo e conseguito il dottorato in teologia, fu ordinato sacerdote nel 1904 e gli furono affidati subito incarichi onerosi, tra cui il rettorato del Pontificio istituto Orientale e la missione come visitatore apostolico in Lombardia, Campania e Calabria.

Nel 1926 guidò gli esercizi spirituali per l’allora arcivescovo Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII, che celebrerà il suo funerale.

Poi XI nel 1929 lo scelse come guida dell’arcidiocesi ambrosiana e lo nominò cardinale e fu il primo a prestare giuramento di fedeltà davanti a Vittorio Emanuele III, come prevedeva il Concordato appena firmato tra Italia e Santa Sede.

Milano accolse Ildefonso calorosamente, anche se anni difficili che si profilavano all’orizzonte.

Qui il cardinale, ispirandosi al suo illustre predecessore San Carlo Borromeo, fondò l’Unione diocesana, che riunisce personalità religiose e laiche insignite di un’onorificenza pontificia.

In venticinque anni fece per ben cinque volte il giro delle parrocchie del territorio, scrisse lettere al popolo e al clero in cui difendeva la purezza della fede e inviava le sue prescrizioni liturgiche, promosse sinodi diocesani e congressi eucaristici e si occupò della costruzione di nuovi seminari come quello di Venegono, in provincia di Varese.

Le persone lo sentivano vicino e ricambiano il suo affetto e nessuno, ascoltandolo, poteva restare indifferente alle sue parole, ma è soprattutto con l’esempio che Ildefonso trasmise gli insegnamenti della Chiesa.

Nel frattempo in Italia si era instaurato il regime fascista e Ildefonso ritenne che attraverso la collaborazione tra governo e Chiesa il Fascismo potesse diventare un’ideologia profondamente cristiana.

Ma il cardiale capì il suo errore già nel 1938, con la promulgazione delle leggi razziali, e in un’omelia passata alla storia definì il razzismo dilagante in Italia un’eresia.

Nel 1939 partecipò al conclave in cui il cardinale Pacelli divenne Pio XII e nel 1945, alla caduta della Repubblica Sociale Italiana, propose un incontro per una trattativa tra i rappresentanti partigiani e Mussolini, ma quest’ultimo preferì la fuga verso il confine svizzero.

Quando Mussolini e i suoi vennero uccisi a Dongo ed esposti a piazzale Loreto, l’arcivescovo ne benedisse i corpi, perché il suo pensiero era che si doveva aver rispetto per ogni vittima del conflitto.

Nel dopoguerra Schuster fu il primo presidente della Conferenza episcopale italiana, nel 1954 si ritirò nel seminario di Venegono, dove morì il 30 agosto.

Il coraggioso arcivescovo fu beatificato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996 e la sua memoria viene ricordata ogni 30 agosto.