A San Benedetto Po, in provincia di Mantova, sorge la storica abbazia di Polirone, dalla storia molto antica…

La fondazione del complesso risale al 1007, quando Tedaldo di Canossa cedette ai monaci una chiesa, oltre ai terreni circostanti.

Settant’anni più tardi il monastero venne annesso alla congregazione di Cluny e ricevette straordinario impulso grazie ai numerosi doni di Matilde di Canossa, negli anni tra il 1100 e il 1115.

Dopo un lungo periodo di decadenza, il complesso rifiorì con i Gonzaga a partire dal 1420, quando vi arrivò la congregazione di San Giustina di Padova.

Le antiche strutture medievali vennero ricostruite e ingrandite e nel corso del Cinquecento vi lavorò il grande architetto Giulio Romano.

Nel 1797, all’arrivo di Napoleone, molti degli edifici vennero demoliti, mentre gli archivi e la biblioteca furono dispersi tra Mantova e Milano.

L’attuale struttura è il frutto di lunghi e laboriosi restauri, condotti fino dalla fine dell’Ottocento, mentre il percorso museale, allestito nel 2007, anno della ricorrenza del Millenario dell’abbazia, valorizza il progetto della committenza benedettina, simbolo della proclamazione della salvezza portata da Cristo e offerta nella Chiesa.

L’ingresso in basilica attraverso la porta, segna il passaggio dal peccato, suggerito dalle statue dei progenitori poste nel vestibolo, alla Chiesa, come dimostrano i festoni vegetali della navata, che si fonda sui sacramenti e sul culto dei santi per guidare l’uomo verso Cristo, simboleggiato dall’altare collocato a oriente, dove sorge il sole.

Per la complessità e la durata della storia del complesso abbaziale polironiano, l’itinerario di visita permette di riconoscere le tappe della sua arte, come il romanico, che ha lasciato la sua impronta nei mosaici di Santa Maria; il gotico, visibile nel tiburio e nella volta a crociera della navata centrale; il rinascimento dell’insieme della struttura architettonica e della decorazione, dalle cappelle, alle statue del Begarelli, alle serliane, alla sagrestia, al coro, il barocco, con le preziosità dei cancelli in ferro battuto e ottone e nell’imponenza dell’organo in controfacciata e il neoclassico, visto nella sistemazione del deambulatorio e nella tomba di Matilde.

Tra le numerose opere degne di nota si segnalano, partendo da sinistra dopo l’ingresso, la prima cappella con il pavimento a mosaico, con le spoglie del patrono San Simeone, monaco armeno morto nel monastero nel 1016, la seconda cappella con il Crocifisso in terracotta di Michele da Firenze della metà del XV secolo, la cappella di Santa Maria con i mosaici romanici delle quattro virtù cardinali, che richiamano la figura di Matilde, il deambulatorio con le tombe dei benefattori, tra cui quella di Lucrezia Pico, il coro con gli stalli intagliati della metà del XVI secolo, l’antisagrestia con la tomba di Matilde di Canossa, la sagrestia con le decorazioni giuliesche della metà del XVI secolo e il ciclo di statue in terracotta di Antonio Begarelli della metà del XVI secolo.