Doge Ludovico Manin Palazzo Ducale

Il 12 maggio 1797 cadde la storica Repubblica di Venezia, data che segnò la fine della carriera politica dell’ultimo Doge, Ludovico Manin.

Lodovico Giovanni Manin fu eletto il 9 maggio 1789 e restò in carica come 120º doge della Serenissima fino al 12 maggio 1797, il giorno che vide la fine della Repubblica di Venezia dopo 1100 anni esatti.

Prima dell’arrivo dei Francesi la carriera di Manin non fu facile, poiché due mesi dopo la sua elezione scoppiò la Rivoluzione Francese e il giovane Napoleone Bonaparte stava fomentando la diffusione delle idee libertarie prima con le sue incredibili imprese militari e infine con la marcia verso l’Italia.

Nel frattempo il doge perse la moglie Elisabetta nel 1792, celebrandone i funerali nella Basilica di San Marco, poi chiese di abdicare ma il Senato rifiutò.

Manin allora cercò di rinnovare il Governo della Serenissima abolendo cariche anacronistiche e in vigore da più di otto secoli, facendo assumere a Venezia una posizione neutrale.

Quando Bonaparte, ormai padrone del Veneto, si avvicinò a Venezia la risposta fu debole, al punto che Verona scacciò i francesi dalla città con un’insurrezione nota come Pasque veronesi il 17 aprile 1797 e Venezia nella sera del 20 aprile 1797 affondò la tartana francese Libérateur d’Italie, uccidendo il comandante Jean Bauptiste Laugier, con gli unici colpi d’artiglieria sparati dal Forte di Sant’Andrea del Lido nei suoi tre secoli di vita.

Napoleone alla notizia chiese subito l’arresto di Pizzamano, comandante del Forte Sant’Andrea, e degli Inquisitori di Stato, ma a Palazzo Ducale regnava il panico, tanto che il Senato non fu nemmeno riunito e i ministri della Serenissima con il doge e il Minor Consiglio composto da sei aiutanti del doge e dai tre capi della Quarantia, e il Consiglio dei Dieci, si riunirono con il doge Manin, che si limitò a dire in dialetto veneziano “Sta note no semo sicuri gnanca nel nostro leto”.

Il 12 maggio 1797, davanti a un Maggior Consiglio che vedeva 537 patrizi su un minimo di 600, il doge Manin accettò la richiesta francese di passare a un governo provvisorio, che vide la fine della Repubblica dopo 1100 anni.

Manin negli anni successivi si ritirò a vita privata ma rimase un personaggio in vista della società veneziana, anche sotto il dominio austriaco instauratosi dopo il Trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797 che Bonaparte concordò con gli Austriaci.

L’ultimo doge nel 1801 comprò Palazzo Dolfin sul Canal Grande, a fianco del Ponte di Rialto, oggi sede della Banca d’Italia, dove morì un anno dopo, nel 1802.

Nel suo testamento Manin lasciò in eredità la metà della sua grande fortuna, composta di 100.000 ducati, per il mantenimento dei giovani veneziani, donando poi 20 ducati ai maschi come incentivo e 50 ducati alle femmine come dote, un gesto che racconta la grandezza dell’ultimo Doge.