Le mostre temporanee riprendono al Mambo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e al Museo Morandi con un ciclo di cinque focus espositivi che, da fine settembre 2020 a gennaio 2021, approfondirà temi legati alle collezioni permanenti indagandone aspetti particolari e valorizzandone opere solitamente non visibili.

Fino al 15 novembre c’è Morandi racconta. Il fascino segreto dei suoi fiori, a cura di Alessia Masi, dedicato a un soggetto che il pittore Giorgio Morandi amava particolarmente: i fiori.

I 13 lavori esposti si collocano in un arco di tempo che va dal 1924 al 1957, partendo dal dipinto appartenente al Museo Morandi, con i papaveri raccolti, per arrivare a quello di una collezione privata in cui quella varietà di fiore è raffigurato in un modello realizzato in seta come lo sono le rose, soggetto che ricorre nelle nove tele esposte.

Per offrire suggestioni sulle modalità di lavoro di Morandi, sono visibili in mostra anche due oggetti in porcellana di Casa Morandi, con ciò che resta di quei fiori di seta o essiccati che erano i prediletti dell’artista come modelli di rappresentazione.

Ad arricchire il percorso ci sono due acqueforti in cui si affronta lo stesso tema, utilizzando fiori veri e freschi, oltre ad una selezione di lettere e documenti e un video in cui la curatrice Alessia Masi approfondisce il tema dei fiori lungo l’arco della ricerca morandiana.

Giorgio Morandi affrontò il tema floreale nell’arco di tutta la sua ricerca artistica, preferendo ai fiori freschi, rappresentati nelle opere giovanili, come quelli essiccati o di seta, raffinatissimo prodotto dell’artigianato bolognese del Settecento, che mantengono inalterato il loro stato e non subiscono variazioni nel tempo.

I fiori sono per Morandi solo un pretesto per studiare gli aspetti della composizione, eliminando il superfluo per far affiorare la sostanza, l’essenza, la forma, il colore e gli aspetti luministici per andare alla radice del visibile, restituendo al visitatore pura poesia.

Morandi rappresenta i fiori come unici protagonisti della scena, a differenza di altri artisti come Renoir che li inseriscono in composizioni più articolate, e l’unica variante è costituita dai vasi, rappresentati per intero o solo parzialmente, prevalentemente bianchi, dal corpo allungato e, in pochissimi casi, decorati con qualche motivo ornamentale.

Quello fra il 1920 e il 1924 è uno dei periodi in cui è più intensa la ricerca morandiana su questo tema, con uno sfondo circolare dove, in modo altrettanto sferico, s’iscrivono i fiori presentati da Morandi come un’entità organica, senza un indugio descrittivo sulla qualità dei petali e dei boccioli.

Se nei fiori dei primi anni si sente il debito della pittura di Rousseau, Cézanne, Chardin e soprattutto di Renoir, a partire dagli anni Cinquanta i fiori sono ridotti a una forma geometrica tondeggiante, in uno spazio indefinito.

Il tema viene affrontato da Morandi non solo in pittura e nell’incisione, ma anche nel disegno e nell’acquerello, con composizioni in cui sono evidenti la volumetria dei piccoli recipienti e l’ombra che proiettano sullo sfondo.

Una curiosità è la finalità con la quale Morandi dipingeva una parte dei quadri di fiori, poiché spesso si trattava di regali ad amici cari come Roberto Longhi, Lionello Venturi, Piero Bigongiari, Eugenio Montale, Vittorio De Sica e Valerio Zurlini, oppure alle sorelle, che li ricevevano in occasione dei compleanni, così come ad altre donne legate all’artista da un profondo rapporto di amicizia e stima.