Architetto, designer, art director, scrittore, poeta, critico, Gio Ponti è stato un artista che ha segnato il XX secolo, anticipando molti temi dell’architettura contemporanea.

A quarant’anni dalla sua scomparsa, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma gli dedica la mostra, ora virtuale, Gio Ponti. Amare l’architettura, aperta fino al 13 aprile, curata da Maristella Casciato e Fulvio Irace con Margherita Guccione, Salvatore Licitra e Francesca Zanella in collaborazione con il Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma, che conserva l’archivio professionale di Gio Ponti, e Gio Ponti Archives.

Nella mostra sono esposti materiali archivistici, modelli originali, fotografie, libri, riviste, classici del design strettamente collegati ai progetti architettonici e divisi in otto sezioni che evocano i concetti-chiave espressi dallo stesso Ponti, con nell’altro l’installazione di grandi stendardi in Alcantara, che riproducono facciate stilizzate di grattacieli.

La sezione Verso la casa esatta ripercorre il tema della casa, centrale nella ricerca di Ponti, con le prime Domus tipiche milanesi, i progetti per La casa adatta esposti a Eurdomus nel 1970 e  soprattutto il suo appartamento in via Dezza a Milano.

Il percorso continua con classicismi progettuali che Ponti ha avuto nel corso degli anni Trenta, come la Scuola di Matematica di Roma, 1934, o i Palazzi Montecatini a Milano, del 1936 e del 1951.
La relazione tra architettura e natura è esplorata in Abitare la Natura, con i progetti realizzati lungo le coste del Mediterraneo per arrivare a progetti quasi intimi, come la casa Scarabeo sotto la foglia e la villa per Daniel Koo in California.

Si arriva poi agli edifici più noti in Architettura della superficie, come la notissima Villa Planchart a Caracas (1953-57) o l’Istituto italiano di cultura di Stoccolma del 1958, che attestano la fama internazionale ormai raggiunta dall’opera di Ponti.

L’architettura è un cristallo raccoglie grandi opere come il Denver Art Museum (1971) e la chiesa di San Carlo Borromeo a Milano, ma anche progetti su piccola scala, all’interno di un’unica, coerente e integrata concezione del progetto, come i disegni delle posate per Christofle, le ceramiche per Marazzi, le maniglie per Olivari, i lavabi per Ideal Standard, la sedia Superleggera di Cassina e il modello della carrozzeria per un’automobile della linea Diamante.

Leggerezza e smaterializzazione degli alzati sono nella sezione Facciate leggere, con la Concattedrale di Taranto, il Grande magazzino de Bijenkorf a Eindhoven, i Palazzi per i Ministeri di Islamabad.

La mostra si chiude con la città pontiana, fatta di grattacieli che si sviluppano in altezza, per lasciare spazio al verde nelle sezioni Apparizioni di grattacieli e Lo Spettacolo delle Città, ospitate a ridosso della grande vetrata che chiude la Galleria 5 del Museo per aprirsi verso il panorama della Roma del Novecento.
Presso la reading room c’è la riproduzione del pavimento ceramico realizzato per l’occasione da Ceramica De Maio e la presenza degli arredi disegnati da Ponti e prodotti da Molteni.
L’esposizione si arricchisce da un progetto di committenza fotografica ideato e curato da Paolo Rosselli che, insieme con altri sette autori da lui scelti, ha creato a una serie di sguardi contemporanei su opere pontiane, mostrandone la vita odierna, così Delfino Sisto Legnani si è confrontato con la Concattedrale di Taranto; Allegra Martin con l’Hotel Parco dei Principi a Sorrento; Giovanni Chiaramonte con Villa Planchart a Caracas; Filippo Romano con i Grandi magazzini de Bijenkorf a Eindhoven; Giovanna Silva con Il Liviano (Facoltà di Lettere) e Palazzo del Bo (Rettorato), Università di Padova; Michele Nastasi con il primo e il secondo palazzo Montecatini a Milano; Stefano Graziani con la Scuola di Matematica a Roma e Paolo Rosselli con il Grattacielo Pirelli a Milano.