Pierre Gasly ha vinto il Gran Premio d’Italia Monza 2020 su AlphaTauri davanti a Sainz (McLaren), Stroll (Racing Point). Poi Norris (McLaren), Bottas (Mercedes), Ricciardo (Renault), Hamilton (Mercedes), Ocon (Renault), Kvyat (AlphaTauri) e Perez (Racing Point) mentre le Ferrari sono state ritirate.

Ad avere l’idea di collocare il circuito nel Parco Reale di Monza fu l’Automobile Club di Milano, che ci riuscì in 110 giorni, grazie anche alla collaborazione dell’allora direttore dell’Aci Milano, Arturo Mercanti, con l’architetto Alfredo Rosselli e all’impresa guidata dall’ingegner Piero Puricelli.

L’autodromo era all’inizio formato da due anelli che potevano essere utilizzati insieme o separatamente, una pista stradale di 5.500 metri e una pista ad alta velocità di 4.500 metri, che vennero percorsi per la prima volta dai piloti Pietro Bordino e Felice Nazzaro alla guida di una Fiat 570 il 28 luglio 1922.

La storia dell’autodromo di Monza è purtroppo segnata da numerosi incidenti mortali, per la maggior parte avvenuti nei lunghi rettilinei che hanno sempre permesso ai piloti di raggiungere velocità estreme.

Nel 1923 il pilota Ugo Sivocci morì schiantandosi contro gli alberi alla guida dell’Alfa Romeo P1 da lui condotta durante le prove del Gran premio d’Europa e nel 1928 sul rettilineo d’arrivo del Gran premio il pilota Emilio Materassi, dopo aver perso il controllo della sua Talbot Darracq 70, investì il pubblico che si trovava a bordo pista, nello schianto morirono 22 persone e ne rimasero ferite una quarantina.

Il pilota Luigi Arcangeli morì nel 1931 al volante di un’Alfa Romeo Tipo A durante le prove del Gp e due anni dopo all’inizio del Gran premio di Monza, una gara di contorno al Gran premio d’Italia, i piloti Giuseppe Campari, Mario Umberto Borzacchini e Stanislas Czaykowski morirono dopo essere passati sopra una macchia d’olio lasciata dalla Duesenberg del Conte Carlo Felice Trossi.

Dopo questi incidenti, il circuito venne sottoposto a diverse modifiche, ma nel 1955, durante l’ultimo giro di una sessione di prove, il grande Alberto Ascari si schiantò contro la curva del Vialone al volante di una Ferrari 750 Sport, morendo sul colpo, con testimone del sinistro il monzese Tino Brambilla, fratello di Vittorio, che morì nel 2001 e al quale è stato intitolato il largo all’ingresso del parco di Porta Vedano.

La curva del Vialone venne ribattezzata curva Ascari dopo la tragedia, ma sei anni dopo durante il primo giro del Gran Premio la Ferrari guidata da Wolfgang Von Trips si scontrò con la Lotus di Jim Clark alla staccata della Parabolica e volò contro le reti di protezione uccidendo, oltre al pilota, 15 spettatori, mentre Clark ne uscì illeso.

Nel 1970 fu il pilota Jochen Rindt, che guidava la classifica del Mondiale, a morire durante le prove del sabato, tra l’altro gli venne assegnato il titolo postumo, mentre nel 1973 in un incidente morirono i motociclisti Renzo Pasolini e Jarno Saarinen.

L’ultimo incidente mortale avvenne nel 1978, quando il pilota Ronnie Peterson fu estratto ancora vivo dalla sua Lotus che prese fuoco al termine di una carambola, ma morì per alcune complicazioni all’ospedale di Niguarda.

Però non dobbiamo dimenticare che Monza è stata il palcoscenico di vittorie memorabili, Juan Manuel Fangio per tre volte negli anni Cinquanta, Jim Clark nel 1963, Clay Regazzoni due volte negli anni settanta, Niki Lauda nel 1978 e il grande indimenticabile Michael Schumacher per cinque volte.

Nei 5.793 metri del tracciato di Monza ci sono quattro lunghi rettilinei, dove le vetture di Formula 1 possono superare abbondantemente i 330 chilometri orari, mentre i punti di rallentamento principali sono le varianti Goodyear, della Roggia, Ascari e le curve Biassono, prima di Lesmo, seconda di Lesmo, del Serraglio, Parabolica.

La cornice di pubblico è meravigliosa, le bandiere rosse della Ferrari, il tifo, l’amore per la velocità, tutto si fonde nel più bel Gran premio di tutto il circuito, quello di Monza.