L’Alto Piemonte, nelle aree di Vercelli e Novara e nella cosiddetta Baraggia Vercellese e Biellese, è l’area di produzione di uno dei cereali emblema di qualità italiana: il riso.

Insieme alla vicina Lomellina (in provincia di Pavia, il Lombardia) in quest’area piemontese si produce più di metà del riso europeo e il panorama è molto influenzato da questa coltivazione secolare.

In primavera le risaie sono allagate per la semina e formano un mare a quadretti; c’è poi l’estate, quando il riso fiorisce e le risaie diventano verdi; arriva poi la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, quando il riso matura e i campi sono dorati, pronti per il raccolto; in inverno, il riso tagliato ospita infine un fenomeno straordinario, lo spider-balooning, quando le risaie si rivestono di un manto setoso di ragnatele.

Osservando questo panorama si inizia a capire quanto lavoro stia dietro al riso che troviamo in commercio.

Un lavoro che si può osservare da vicino, grazie alle tante, tantissime aziende agricole e riserie che aprono ormai sistematicamente le proprie porte al pubblico, consentendo di “toccare con mano” (spesso letteralmente!) le varie fasi di lavorazione del prodotto.

Dalla raccolta all’essicatoio, dalla conservazione in silos (con tempistiche diverse per risi più o meno invecchiati) all’inizio della sbramatura, dal passaggio da risone a riso integrale, dalla sbiancatura al controllo ottico, dalla produzione di farina di riso con le rotture (il lavoro di attrito che sbianca il riso può rompere i chicchi, che vanno quindi al mulino) al riutilizzo di tutti gli scarti di lavorazione (la lolla, la grana verde, la pula, il farinaccio, le rotture…), dall’impiego del riso per dare vita a tantissimi prodotti derivati fino all’utilizzo in cosmetica o in energia rinnovabile.

Quello del riso è un mondo tutto da scoprire!

Dopo tutto questo il riso è pronto per essere confezionato e poi consumato? Certo! Ma quale riso usare per le varie ricette? Non esiste un riso migliore di un altro.

Esistono due grandi famiglie, il riso indica, a chicco allungato, tipico dei paesi orientali e utilizzato in tutto il mondo come cereale base, anche al posto del pane, e il riso japonica, tipico dell’Europa (e quindi delle risaie italiane), dal chicco più tondeggiante e perfetto per tantissime preparazioni, tra cui il risotto.

Nella famiglia japonica, in base alle dimensioni del chicco (categoria superfinofinosemifino e comune) si può scegliere quale delle oltre 100 varietà di riso italiane prediligere: i chicchi più grandi, che tengono la cottura ma rilasciano bene l’amido, formando “l’onda” sono quelli giusti per il risotto, mentre quelli più piccoli e tondi sono perfetti per minestre e sushi!

Anche in Alto Piemonte esiste però la risposta italiana al basmati e ai chicchi orientali lunghi e profumati: sono molte ormai le varietà italiane di chicchi lunghi, quindi c’è davvero l’imbarazzo della scelta! E la provenienza della produzione made in Alto Piemonte (e in generale in Italia) è una garanzia per il consumatore!

In Alto Piemonte esiste poi l’unica DOP del riso: è quella del Riso di Baraggia Vercellese e Biellese DOP, un riso prodotto in un territorio preciso, una sorta di altopiano ai piedi delle Alpi Biellesi e Valsesiane, più in quota rispetto alla classica pianura risicola Vercellese e Novarese, dove l’acqua non arriva dal Canale Cavour, ma direttamente dal Monte Rosa.

Per chiudere con un po’ di campanilismo, si può esplorare tutto l’Alto Piemonte alla ricerca del miglior risotto: capitando però a Novara e a Vercelli si dovrà “scegliere”, rispettivamente, tra paniscia e panissa, due risotti a base di fagioli e salame della duja sbriciolato, con brodo vegetale, il primo, o brodo animale, il secondo.

Non si riesce a scegliere? Meglio, basta goderseli entrambi!

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