Dal Lago Maggiore a Milano, San Carlo Borromeo ha dato una svolta a un secolo che stava ormai finendo con la sua lunga attività pastorale.

San Carlo Borromeo nacque il 2 ottobre 1538 ad Arona, da Margherita Medici di Marignano e Gilberto II Borromeo, proveniente dalla ricca e nobile famiglia.

Dopo aver studiato a Pavia diritto civile e canonico, nel 1558, alla morte del padre, prese il controllo degli affari di famiglia, poi, nel 1559 si laureò in utroque iure.

Poco dopo suo zio Giovan Angelo Medici di Marignano, fratello di sua madre, fu nominato pontefice, con il nome di Pio IV e Carlo si trasferì a Roma, per poi essere nominato cardinale diacono a poco più di vent’anni.

Successivamente il Borromeo fece riaprire il concilio di Trento, per poi mettere in atto la riforma tridentina nella diocesi ambrosiana, si dedicò a una vita di ascetica povertà, oltre ad impegnarsi nella riforma dei costumi e a porre in evidenza l’importanza del culto, composto di processioni, preghiere e riti liturgici, per far rivivere l’identità cristiana e la fede tra i ceti più popolari.

Fu nel 1566 che Carlo Borromeo arrivò a Milano, alla morte dello zio papa che lo spinse a trasferirsi da Roma in una diocesi abbandonata a se stessa, poiché da decenni gli arcivescovi titolari erano impegnati a pensare più al denaro che allo spirito.

Durante gli anni del suo episcopato, tra il 1566 e il 1584, Carlo ristabilì disciplina all’interno del clero, per rafforzare la preparazione religiosa e la moralità dei sacerdoti, e fondando i primi seminari, come quello elvetico e quello di Milano.

Inoltre s’impegnò nella costruzione di nuove chiese e nel rinnovamento di quelle esistenti, come San Fedele a Milano, il santuario del Sacro Monte di Varese, la chiesa della Purificazione di Maria Vergine in Traffiume, e fu nominato visitatore apostolico per le diocesi di Bergamo e Brescia, visitando tutte le parrocchie presenti sul territorio.

Divenuto legato della Legazione di Romagna, il vescovo allargò la sua azione pastorale al campo dell’istruzione, fondando collegi come il Borromeo di Pavia o quello di Brera e fu il protagonista di opere assistenziali durante la carestia degli anni 1569 e 1570 e durante la peste degli anni 1576 e 1577, ma fu osteggiato dai nobili e dai governatori spagnoli per la sua volontà di mettere in pratica i principi della riforma tridentina, non esitando a ricorrere a tortura e scomuniche.

Carlo Borromeo, inoltre, riformò l’ordine degli Umiliati, allontanatosi dal cattolicesimo e avvicinatosi al protestantesimo, subendo un attentato da parte di alcuni esponenti, che furono poi giustiziati.

In Svizzera contrastò il protestantesimo secondo i dettami del Concilio tridentino e in occasione di una visita pastorale in Val Mesolcina ordinò l’arresto di oltre cento persone accusate di stregoneria e le torture che seguirono indussero quasi tutti a lasciare il protestantesimo.

Ormai stanco e malato, San Carlo Borromeo morì a Milano il 3 novembre 1584 e il suo patrimonio fu lasciato in eredità ai poveri.

Fu canonizzato nel 1610 da Papa Paolo V e la sua festa cade il 4 novembre.