Di San Giorgio, festeggiato il 23 aprile, si sa che nacque in Palestina o in Cappadocia e morì decapitato nel 287 o nel 303, ma oggi è ricordato per essere stato l’uccisore del Drago come raccontato negli affreschi della chiesa di Santa Barbara a Soganli in Cappadocia, dove è mostrato mentre a cavallo sconfigge un drago prostrato a terra.

Così iniziò a circolare la leggenda con il mostro lacustre, la principessa salvata, l’addomesticamento del drago condotto in città e la conversione del popolo, ma con le Crociate ci fu l’identificazione di San Giorgio come Cavaliere che porta la Croce mandato da Dio per proteggere la Cristianità.

E’ interessante osservare come il santo sia riconosciuto come tale da tre religioni, cristiana, ortodossa e musulmana, dove rappresenta la rinascita della natura e l’arrivo della primavera.

Nel Medioevo e nel Rinascimento frequenti erano le lotte tra cavaliere e drago nelle sacre rappresentazioni.

Ad esempio a Bolzano il cavaliere era rappresentato da un nobile cittadino, con cavallo bianco e le insegne dell’Ordine Teutonico e il drago era una bestia in cartapesta e stoffa, mentre nelle processioni che avvenivano nei giorni prima del 23 aprile con il prete in testa si benediceva la terra perchè producesse un buon raccolto.

Soprattutto nell’Occitania alpina e in Padania occidentale le processioni erano accompagnate dal simulacro di un drago, che precedeva la croce in segno di sottomissione.

In area insubre, l’insegna, detta Üslasc, era di metallo e aveva una funzione simbolica nei tre giorni in cui si sviluppavano le processioni .

Attraverso la liturgia cattolica con il passar del tempo s’istituì il rituale di purificazione della campagna, per proteggere la terra coltivata dai fenomeni negativi.

Invece il Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii che racconta San Giorgio visse in Brianza, dove un drago imperversava da Erba fino in Valassina e, quando ebbe divorato tutte le pecore, la gente cominciò a offrirgli in pasto i giovani del villaggio.

Quando fu la volta della principessa Cleodolinda di Morchiuso, in suo soccorso arrivò San Giorgio che, per ammansire la belva, gettò tra le su fauci alcuni dolcetti ricoperti con i petali dei fiori del sambuco.

Il drago, docile come un cagnolino, seguì il santo fino al villaggio di Eupilio e qui, di fronte al castello, San Giorgio lo decapitò con un colpo di spada, e la testa del mostro rotolò fino al Lago di Pusiano.

In ricordo dell’avvenimento il giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i Pan mej de San Giorg, dolci di farina gialla e bianca, latte, burro e fiori di sambuco.

La tradizione di San Giorgio è condivisa da molti paesi dell’Est, infatti gli slavi della Carinzia lo festeggiano il 23 aprile, decorando un albero, tagliato alla vigilia, e portandolo in processione, tra canti e musica, assieme a un fantoccio, ricoperto dalla testa ai piedi di rami di betulla, detto Il Verde Giorgio.

Il fantoccio è poi gettato in acqua con un rito propiziatorio per la pioggia che dice “Verde Giorgio noi portiamo, Verde Giorgio accompagniamo, ci procuri molta biada o nell’acqua se ne vada”.

In Transilvania, in Romania e in Russia il Verde Giorgio porta in una mano una fiaccola accesa e nell’altra un dolce, fatto di latte, farina e uova, per portare la prosperità tra la gente, i campi e gli armenti.