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I Giochi della diciannovesima Olimpiade si tennero a Città del Messico, in Messico, nel 1968, e iniziano il 12 ottobre per terminare il 27 dello stesso mese. 

Questi giochi ebbero inizio in un clima politco pesante, infatti il 2 ottobre 1968, in prossimità dei Giochi Olimpici, si verificò il dramma del massacro di Tlatelolco, dove migliaia di studenti, che protestavano contro il governo repressivo di Gustavo Díaz Ordaz, vennero circondati dell’esercito e uccisi.

Tra i tanti colpiti anche Oriana Fallaci, la grande giornalista italiana, che riportò varie ferite d’arma da fuoco.

Ma a Città del Messico, il 17 ottobre 1968, durante la premiazione dei 200 metri maschili, si verificò un fatto che passò davvero alla storia.

La vittoria, nella finale disputata il giorno prima, era andata allo statunitense Tommie Smith che vinse stabilendo il nuovo primato del mondo della distanza in 19″83.

Alle spalle di Smith si classificarono Peter Norman e il connazionale John Carlos.

Al momento della premiazione, i due atleti afroamericani si presentano scalzi e con calze nere, mentre Smith indossava una sciarpa nera intorno al collo, Carlos aveva la parte superiore della tuta aperta e una collana, entrambi avevano una mano guantata di nero.

Tra le note dell’inno statunitense, Smith e Carlos, chinarono la testa e alzarono il pugno guantato al cielo, rappresentando il più importante gesto di protesta di un’edizione delle Olimpiadi, contro la difficile situazione dei neri in America.

Buona parte del pubblico fischiò il gesto e Avery Brundage, presidente della Commissione Olimpica fece immediatamente espellere Smith e Carlos dal villaggio olimpico.

Al loro rientro a casa, i due atleti non ebbero una buona accoglienza, subirono insulti e persino minacce di morte.

Anche l’australiano Peter Norman vede le conseguenze di quel 17 ottobre 1968, infatti fu ostracizzato dai media australiani e non poté partecipare alle Olimpiadi del 1972.

Nel giorno del funerale di Norman, nel 2006, furono proprio Smith e Carlos a portare la sua bara.

La ginnasta cecoslovacca Věra Čáslavská fu la medaglia d’oro nel corpo libero, nelle parallele asimmetriche e nella trave d’equilibrio, inoltre poco prima della fine della manifestazione sposò il connazionale Josef Odlozil, che fu la medaglia d’argento nei 1500 piani a Tokyo 1964.

L’Italia arrivò in Messico con una delegazione di 171 atleti, 156 uomini e 15 donne, in 13 discipline, ed ebbe 16 podi, con 3 ori, 4 argenti e 9 bronzi, piazzandosi al tredicesimo posto nel medagliere generale..

Per l’Italia l’uomo simbolo dei Giochi Olimpici fu Klaus Dibiasi, medaglia d’oro nella piattaforma da 10 metri e d’argento nel trampolino da tre metri nei tuffi, mentre il ciclismo su strada vide l’oro nella prova in linea di Pierfranco Vianelli e il bronzo dell’Italia nella cronometro a squadre, mentre su pista ci furono l’argento di Giordano Turrini nella velocità e il bronzo dell’Italia nell’inseguimento a squadre.

Il canottaggio vide l’ultimo oro, quello del due con, di Primo Baran e Renzo Sambo con Bruno Cipolla timoniere, e il bronzo del quattro senza di Tullio Baraglia, Renato Bosatta, Pier Angelo Conti Manzini e Abramo Albini, mentre dalla scherma ci fu l’argento della sciabola a squadre maschile e il bronzo di Gianluigi Saccaro nella spada individuale.

Nel tiro a volo arrivò l’ultimo argento, quello nello skeet di Romano Garagnani, mentre erano due i bronzi dell’atletica leggera, con Giuseppe Gentile nel salto triplo e Eddy Ottoz nei 110 ostacoli, mentre la vela vide i bronzi di Fabio Albarelli nella classe Finn e di Franco Cavallo e Camillo Gargano nella classe Star.

L’ultima medaglia fu del pugilato, con il bronzo di Giorgio Bambini nei pesi massimi.