Nel 1955 il Cio, riunito a Parigi, doveva decidere quale città avrebbe ospitato i Giochi Olimpici del 1960.

Le città candidate erano otto, Roma, Losanna, Detroit, Budapest, Bruxelles, Città del Messico, Tokyo e Toronto.

La prima delle città a tirarsi indietro fu Toronto, che non partecipò alla votazione e alla fine, dopo l’esclusione di Budapest e di Detroit, i Giochi del 1960 furono assegnati a Roma nella votazione finale con Losanna.

La scelta di Roma fu simbolica perché univa le Olimpiadi antiche con quelle moderne, poiché, dopo la conquista della Grecia da parte di Roma, le gare Olimpiche furono spesso disputate a Roma e non più a Olimpia fino al 393 dopo Cristo, quando l’Imperatore Teodosio pose fine alla tradizione.
Per organizzare l’evento furono spesi 50 milioni di dollari, che il governo italiano reperì stanziando per l’organizzazione delle Olimpiadi gli introiti del Totocalcio.

Le strutture scelte per disputare le gare delle Olimpiadi furono numerose, spesso costruite ex novo, mentre altre vennero restaurate e alcune erano già pronte.

Per la cerimonia di apertura e di chiusura e per l’atletica si decise di utilizzare lo Stadio Olimpico, costruito a partire dal 1927 durante i lavori per il Foro Italico su un progetto dell’ingegner Angelo Frisa e dell’architetto Enrico Del Debbio.

Lo Stadio dei Marmi, il piccolo e suggestivo stadio vicino all’Olimpico, venne scelto per ospitare i preliminari di hockey su prato, mentre lo Stadio del Nuoto, edificato negli anni Trenta su progetto dell’architetto Costantino Costantini, fu ampliato dagli architetti Enrico Del Debbio ed Annibale Vitellozzi nel 1959 per ospitare le gare di nuoto, pallanuoto e tuffi.

Le Olimpiadi ebbero inizio giovedì 25 agosto 1960 e la cerimonia d’apertura si svolse presso lo Stadio Olimpico di Roma, con il discobolo Adolfo Consolini che lesse il giuramento degli atleti, il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi ad aprire i Giochi e Giancarlo Peris, un ragazzo di Civitavecchia che aveva vinto i campionati provinciali di corsa campestre, come ultimo tedoforo.

Per la prima volta nella storia, le Olimpiadi si svolsero in mondovisione ed ebbero un grosso impatto sul pubblico italiano, con il boom di acquisti di apparecchi televisivi.

Gli italiani furono entusiasmati dalla vittoria nei 200 metri di Livio Berruti di fronte al proprio pubblico, oltre a tre medaglie d’oro nel pugilato, dove per gli Stati Uniti un oro venne vinto dal leggendario Cassius Clay, che nel 1964 cambiò il proprio nome in Muhammad Ali, senza dimenticare due ori, un argento e tre bronzi nella scherma.

A vincere il medagliere fu l’Unione Sovietica, con 43 medaglie d’oro, di cui 10 vinte nella ginnastica, mentre il secondo posto fu degli Stati Uniti, con 34 ori.

Non mancarono altre imprese, come quella del canoista svedese Gert Fredriksson, vincitore del sesto titolo olimpico, come anche lo schermidore ungherese Aladar Gerevich.

Ma la storia di queste Olimpiadi è quella dell’etiope Abebe Bikila, che corse la maratona a piedi nudi e la vinse, come ricorda una targa commemorativa in Via San Gregorio, dove tagliò lo storico traguardo. Bikila

A Roma ci fu anche l’ultima apparizione olimpica del Sudafrica prima del 1992, in cui venne riammessa ai Giochi dopo la fine dell’apartheid.