I Giochi Olimpici erano stati assegnati a Tokyo nel 1940, ma quell’edizione non fu disputata per la grande guerra e il Giappone venne in seguito escluso dall’Olimpiade del 1948.

Così il Cio, riunitosi a Monaco di Baviera nel 1955, decretò Tokyo per i Giochi del 1964, superando le altre candidature di Detroit, Vienna e Bruxelles.

Il boom economico che caratterizzava in quegli anni il paese del Sol Levante facilitò l’investimento di numerosi fondi a favore della costruzione di nuovi impianti e strutture per accogliere nel migliore dei modi tutte le delegazioni.

I Giochi si disputarono dal 10 al 24 ottobre, parteciparono 93 nazioni, segnando così il nuovo record di stati presenti, grazie anche alla decolonizzazione.

Gli atleti furono 5541 e furono introdotti lo Judo e la pallavolo femminile, due sport popolarissimi in Giappone, oltre al pentathlon femminile.

Fu esclusa l’Indonesia, filo-cinese, e venne decisa l’esclusione del Sudafrica a causa dell’apartheid, confermata fino al 1992.

Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi la cura dei dettagli fu maniacale, tutti gli impianti vennero costruiti o rimodernati nel migliore dei modi, come la piscina olimpica, il villaggio che ospitava gli atleti, i tecnici, i dirigenti e i giornalisti, composto da tante villette in mezzo al verde di un grande parco, dove si poteva muovere facilmente con le tante biciclette messe a disposizione dall’organizzazione.

L’imperatore Hirohito dichiarò aperti i Giochi della XVIII Olimpiade il 10 ottobre 1964, al termine di una cerimonia di apertura con l’accensione della fiamma olimpica da parte di Yoshinori Sakai, un ragazzo di 19 anni, nato a Hiroshima il 6 agosto del 1946, un’ora dopo lo scoppio della prima bomba atomica.

Nei primi giorni dei Giochi si ebbe il primo dramma sportivo quando Akio Kaminaga, il più forte giapponese nella categoria più importante del judo, alla finale fu sconfitto da uno sconosciuto marinaio olandese, Antonius Johannes Geesink che lo sconfisse nettamente.

La sorpresa per la sconfitta fu tale che ci furono addirittura alcuni suicidi tra i fan di Kaminaga.

Nella piscina olimpica si misero in evidenza due grandi campioni, lo statunitense di origini scandinave Donald Schollander, che vinse quattro medaglie d’oro in tutte le gare dello stile libero, 100, 400 e le due staffette, e l’australiana Dawn Fraser, già olimpionica a Melbourne e Roma, vittima pochi mesi prima di un pauroso incidente automobilistico in cui perse la vita sua madre, vincendo ancora una volta i 100 metri stile libero, unica donna ad aver vinto per tre edizioni dei Giochi consecutivi la medaglia d’oro nei 100 metri stile libero.

Nell’atletica ancora una volta fu il maratoneta etiope Abebe Bikila, grande protagonista della maratona di Roma, ad avere il dominio assoluto della prova classica dei Giochi.

L’Italia si comportò bene, quinta nel medagliere finale con 10 ori, 10 argenti e 7 bronzi, dopo gli Usa (36 ori e 90 medaglie complessive), Unione Sovietica (30 ori, ma 96 medaglie complessive), il Giappone e la Germania.

Le vittorie italiane più importanti furono quelle di Franco Menichelli, fratello del giocatore di calcio della Roma, della Juventus e della nazionale, nella ginnastica e di Abdon Pamich nella 50 Km di marcia.

Grandi risultati per l’Italia vennero anche dall’equitazione con l’oro a squadre nel concorso completo e l’oro individuale di Mauro Checcoli, oltre al bronzo nel salto a squadre.

Nei tuffi conquistò l’argento Klaus Dibiasi a pochi centesimi dal vincitore, lo statunitense Robert Webster e fu l’inizio di una carriera straordinaria del tuffatore altoatesino che lo portò a vincere l’oro nelle tre Olimpiadi successive.

Nel pugilato si fece notare Joe Frazier, riconosciuto da tutti come il nuovo rivale di Classius Clay, passato nel frattempo al professionismo.