Uno degli scrittori più raffinati dell’Ottocento italiano, dotato di una feroce ironia nei confronti della buona società…

Vittorio Imbriani nacque il 27 ottobre 1840 a Napoli, primogenito di Paolo Emilio Imbriani e Carlotta Poerio, sorella del poeta Alessandro Poerio.

Suo padre era un politico di tendenza liberale e per questo la famiglia visse in esilio volontario per alcuni anni, vivendo a Nizza nel 1849 e a Torino nel 1856.

Nel 1858 Imbriani iniziò gli studi umanistici a Zurigo, e un anno dopo partì volontario per la seconda guerra d’indipendenza ma non combatté mai perché la guerra terminò prima che potesse arrivare sul campo di battaglia.

Così nel 1860 lo scrittore iniziò a studiare a Berlino, dove si faceva spesso coinvolgere in duelli e per evitare complicazioni dovute a uno di questi tornò a Napoli nel 1861, e lì in due anni completò gli studi in estetica.

Avuta la laurea Imbriani iniziò la carriera giornalistica pubblicando nel corso della sua vita per diverse riviste e nel 1864 fu ammesso alla loggia massonica La Libbia d’Oro.

Nel 1866 tenne un corso di estetica all’università di Napoli, poi partì volontario per la terza guerra d’indipendenza e li incontrò Eleonora Bertini, moglie del nobile Luigi Rosnati, con la quale ebbe una lunga relazione.

Lo scrittore poi cadde prigioniero degli austriaci e venne incarcerato in Croazia, ma riuscì a tornare a Napoli, dove era stato ritenuto morto.

Negli anni seguenti si dedicò all’attività culturale pubblicando articoli, saggi e studi, fu precettore delle figlie di Eleonora, Marta e Gigia, cui Imbriani dedicò la sua prima raccolta di novelle popolari e fondò il Giornale napoletano di filosofia e lettere.

Imbriani mostrò un forte interesse nella letteratura popolare, con le raccolte di La novellaja fiorentina del 1871, integrata poi con La novellaja milanese nell’edizione del 1877, oltre a studi su autori meridionali del XVI e XVII secolo, tra cui Basile.

Nei suoi romanzi Merope IV (1867) e Dio ne scampi dagli Orsenigo (1876) la parodizzazione e il ribaltamento ironico dei romanzi sentimentali torbidamente psicologici sono la spia, dove il secondo Ottocento ammicca al gusto patetico e sentimentale dei lettori, con una feroce ironia.

Nella novella del 1874 Mastr’Impicca, una satira mascherata da racconto fantastico, Imbriani racconta la necessità d’uno Stato forte e della pena capitale, mentre la trasgressione, il continuo debordare dallo schema, la digressione di avvenimenti accessori permettono che in primo piano ci sia la caricatura grottesca d’istituzioni e personaggi imbelli, contrari all’ideale dell’autore, che rispecchiano i malcostumi e i malvezzi degli uomini e delle istituzioni italiane del tempo.

Nel 1876 lo scrittore fu eletto consigliere provinciale nel mandamento di Pomigliano d’Arco. Afflitto da una tabe dorsale che condusse in pochi anni alla paralisi completa, pur non fermando la sua attività letteraria, Vittorio Imbriani morì il 1 gennaio 1886 nella sua casa di Napoli.